Risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale, nella misura dell’interesse c.d. negativo a non essere coinvolto in trattative inutili

In ambito pubblicistico, l’art. 1 comma 2-bis della legge n. 241 del 1990 dispone che i “rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai princìpi della collaborazione e della buona fede”, positivizzando una regola generale delle relazioni giuridiche intersoggettive, che, in ambito pubblicistico, oltre a connotarsi per specifiche declinazioni, trae fondamento nei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento (art. 97 comma 2 Cost.).

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A fronte del dovere di buona fede si pone l’affidamento sulla correttezza dell’operato della pubblica amministrazione, la quale – al pari di qualsivoglia soggetto giuridico – è tenuta ad agire nel rispetto delle regole richiamate, evitando di coinvolgere il privato incolpevole in trattative inutili, ovvero in negozi invalidi.
Questo quanto ribadito da Consiglio di Stato, Sez. V, 12/03/2025, n. 2045, che accoglie parzialmente l’appello:
10. Orbene, in presenza di un parere siffatto, il cui contenuto può senz’altro essere condiviso nella presente sede giudiziale, costituendo espressione della corretta interpretazione della normativa di riferimento, la revoca dell’aggiudicazione (da qualificarsi giuridicamente in termini di annullamento in autotutela) costituiva atto del tutto legittimo, in quanto adottato sulla base del contemperamento di tutti gli interessi in gioco, dovendo in particolare l’interesse dell’appellante alla stipula del contratto ritenersi recessivo rispetto all’interesse pubblicistico alla massima partecipazione alle gare, tenuto conto altresì del ridotto spazio temporale intercorrente dalla data dell’aggiudicazione (2.3.2020) a quella della revoca (27.7.2020), che non ha consentito il consolidarsi di un affidamento particolarmente qualificato in capo all’appellante.
11. Per tali ragioni, in presenza di una revoca (rectius: annullamento) legittima, l’azione di risarcimento del danno da mancata stipula del contratto non può essere accolta, difettando uno degli elementi costitutivi di cui all’art. 2043 c.c.
12. Esclusa la ricorrenza dei presupposti normativi richiesti al fine del sorgere di responsabilità extracontrattuale in capo al Comune appellato, occorre ora procedere allo scrutinio dell’ulteriore domanda, proposta dall’appellante in via subordinata, di condanna del Comune al risarcimento dei danni conseguenti all’accertata responsabilità precontrattuale dell’Amministrazione.
Sul punto, premette il Collegio che, in ambito civilistico, la responsabilità precontrattuale postula che l’affidamento abbia ad oggetto lo svolgimento di trattative che non siano inutili: ciò che accade laddove una delle controparti le intraprende senza avere intenzione di stipulare il contratto o sapendo, o dovendo sapere, di stipulare un contratto invalido, così violando il generale dovere di buona fede.
Anche in ambito pubblicistico, l’art. 1 comma 2-bis della legge n. 241 del 1990 dispone che i “rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai princìpi della collaborazione e della buona fede”, positivizzando una regola generale delle relazioni giuridiche intersoggettive, che, in ambito pubblicistico, oltre a connotarsi per specifiche declinazioni, trae fondamento nei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento (art. 97 comma 2 Cost.).
A fronte del dovere di buona fede si pone l’affidamento sulla correttezza dell’operato della pubblica amministrazione, la quale – al pari di qualsivoglia soggetto giuridico – è tenuta ad agire nel rispetto delle regole testé richiamate, evitando di coinvolgere il privato incolpevole in trattative inutili, ovvero – come nella fattispecie in esame – in negozi invalidi.
In tal senso, l’affidamento nella legittimità dei provvedimenti dell’amministrazione e più in generale sulla correttezza del suo operato è stato riconosciuto dalla risalente giurisprudenza del Consiglio di Stato come situazione giuridica soggettiva tutelabile attraverso il rimedio del risarcimento del danno (cfr. C.d.S., AP n. 6/05).
Di recente, questo Consesso, nella sua più autorevole composizione, ha affermato che: “Nei rapporti di diritto amministrativo, inerenti al pubblico potere, è configurabile un affidamento del privato sul legittimo esercizio di tale potere e sull’operato dell’amministrazione conforme ai principi di correttezza e buona fede, fonte per quest’ultima di responsabilità non solo per comportamenti contrari ai canoni di origine civilistica ora richiamati, ma anche per il caso di provvedimento favorevole annullato su ricorso di terzi” (C.d.S., AP n. 21/2021).
13. Tanto premesso, e venendo ora alla fattispecie in esame, l’appellante lamenta che la condotta tenuta dall’amministrazione nella procedura pubblicistica di cui si è resa poi inevitabile la revoca (rectius: annullamento), realizzerebbe un comportamento divergente da quelle regole di buona fede e correttezza (art. 1337 cod. civ.) che vanno osservate anche dall’Amministrazione nella fase precontrattuale.
Invero, l’amministrazione avrebbe avviato e condotto a termine la procedura di evidenza pubblica pretermettendo i diritti di partecipazione di due ditte interessate, rendendo in tal modo inevitabile – specie all’esito del suddetto parere precontenzioso Anac del 12.6.2020 – il contestato atto di ritiro in autotutela dell’aggiudicazione.
L’assunto è fondato.
14. Reputa il Collegio, sulla scia di quanto chiarito da questo Consiglio di Stato, che: “nello svolgimento della sua attività di ricerca del contraente l’amministrazione è tenuta non soltanto a rispettare le regole dettate nell’interesse pubblico (la cui violazione implica l’annullamento o la revoca dell’attività autoritativa) ma anche le norme di correttezza di cui all’art. 1337 c.c. prescritte dal diritto comune (regole la cui violazione assume significato e rilevanza, ovviamente, solo dopo che gli atti della fase pubblicistica attributiva degli effetti vantaggiosi sono venuti meno e questi ultimi effetti si sono trasformati in affidamenti restati senza seguito)” (C.d.S, AP n. 6/2005).
Di recente, questo stesso Consesso ha ribadito che: “Nei procedimenti ad evidenza pubblica per l’affidamento di un contratto di appalto, i doveri di correttezza e buona fede sussistono, anche prima e a prescindere dell’aggiudicazione, nell’ambito di tutte le fasi della procedura di gara, con conseguente possibilità di configurare una responsabilità precontrattuale da comportamento scorretto nonostante la legittimità dei singoli provvedimenti che scandiscono il procedimento” (C.d.S, AP n. 5/18).
15. Tanto premesso, e venendo ora alla fattispecie in esame, rileva il Collegio che, per effetto dell’aggiudicazione, l’appaltante aveva maturato un legittimo affidamento in ordine alla stipula del futuro contratto.
Nondimeno, la condotta dell’Amministrazione – volta ad escludere dalla gara due offerenti – è stata connotata da negligenza, avendo essa, in presenza di una lex specialis non perfettamente chiara quanto alla formulazione dell’offerta economica, applicato la più grave misura nei confronti delle suddette offerenti (esclusione dalla gara), in luogo di ammetterle comunque in gara, in omaggio ai principi eurounitari e nazionali del clare loqui e del favor partecipationis.
Per tali ragioni, la successiva azione dell’Amministrazione, concretantesi nel contestato atto di revoca (rectius: annullamento) dell’aggiudicazione, se dal punto di vista pubblicistico deve reputarsi scevra da censure, rispondendo a logiche di buona e doverosa amministrazione, dal punto di vista privatistico è caratterizzata da scorrettezza comportamentale, avendo leso legittime aspettative dell’appellante in ordine alla stipula del contratto.
16. Per tali ragioni, l’appellante ha diritto al risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale, nella misura dell’interesse c.d. negativo a non essere coinvolto in trattative inutili (spese sostenute, e perdita di favorevoli occasioni contrattuali).
A cura di giurisprudenzappalti.it del 12/03/2025 di Roberto Donati

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