Principio del “contagio” ed amministratore di fatto

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Il Tar Piemonte, prima evidenzia la sostanza del principio del “contagio”, di cui occorre tener conto  “se la persona fisica che nella compagine sociale riveste un ruolo influente per le scelte della società, anche al di là di un’investitura formale, e, dunque, anche se in via di fatto, è giudicata inaffidabile per aver commesso un illecito nella pregressa attività professionale, inaffidabile può essere considerata – in virtù appunto del suo potere necessariamente condizionante le decisioni di gestione – anche la società che dirige o è in grado di orientare con le sue indicazioni” (in questi termini, fra le molte pronunce, si vedano Consiglio di Stato, Sez. V, 22 aprile 2022, n. 3107 e Consiglio di Stato, Sez. V, 21 febbraio 2023, n. 1786).

Per cui la presenza, in determinate cariche o corrispondenti funzioni di fatto, di una persona fisica non dotata in sé della necessaria affidabilità/integrità, trasmette tale caratteristica all’operatore economico “per contagio”, ossia de facto e dunque prescindendo dalla tematica dell’imputazione degli atti (Cons. Stato, III, 15 giugno 2023 n. 5897; idem, V,18 giugno 2024, n. 5450).

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Successivamente si sofferma sulle caratteristiche dell’amministratore “di fatto”.

Questo quanto stabilito da Tar Piemonte, Sez. II, 24/12/2024, n. 1331:

In punto di diritto si rileva come l’accertamento di un’amministrazione di fatto sia più rigoroso ai fini della responsabilità penale, e comunque la Corte di Cassazione (Cass. Penale, Sez. V, 28 febbraio 2024, n. 16414 che ribadisce principi consolidati in materia) ha precisato che, ai fini del riconoscimento della qualifica in discorso, “la prova della ritenuta funzione gestoria, esercitata in fatto da parte di un soggetto non formalmente investito di tale carica, si traduce nell’accertamento di elementi sintomatici dell’inserimento organico di tale soggetto in qualunque settore gestionale dell’attività economica, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare”.

Ai fini della responsabilità civile la giurisprudenza ritiene inquadrabile come amministratore di fatto un soggetto “non formalmente investito della carica, che si ingerisce egualmente nell’amministrazione, esercitando (di fatto) i poteri propri inerenti alla gestione della società. In particolare, può ritenersi sussistente la figura dell’amministratore di fatto qualora ricorrano le seguenti condizioni: 1) assenza di una efficace investitura assembleare; 2) attività esercitata (non occasionalmente ma) continuativamente; 3) funzioni riservate alla competenza degli amministratori di diritto; 4) autonomia decisionale (non necessariamente surrogatoria, ma almeno cooperativa non subordinata) rispetto agli amministratori «di diritto». Sicché è amministratore di fatto chi, senza titolo — per esempio per nomina irregolare ovvero per usurpazione dei poteri — gestisce, da solo o anche con l’amministratore formale, la società, esercitando con sistematicità e completezza un potere di fatto corrispondente a quello degli amministratori di diritto” (cfr. Tribunale di Roma, Sez. XVI. 14 febbraio 2022). Ancora, una recente pronuncia del Tribunale di Napoli (Sez. Impresa, 20 dicembre 2023) rammenta che “l’estensione della qualifica soggettiva di amministratore a soggetti estranei agli organi di amministrazione presuppone l’esercizio in modo continuativo e significativo dei poteri tipici degli amministratori di diritto, senza che la «significatività e continuità» debbano necessariamente comportare l’esercizio di tutti i poteri dell’organo di gestione, pur richiedendo in ogni caso l’esercizio di un’apprezzabile attività gestoria, svolta in modo non episodico o occasionale”.

In ogni caso, ai fini dell’individuazione della figura dell’amministratore di fatto nell’ambito del procedimento amministrativo, non è richiesto necessariamente lo stesso rigore probatorio preteso in sede penale e civile (TAR Valle d’Aosta, 6.6.2024, n. 26, le cui considerazioni valgono anche per il regime previgente al d.lgs. n. 36/2023).

Di tali principi hanno tenuto conto i provvedimenti di esclusione impugnati, ove il Comune di ……., con una valutazione che non appare illogica né affetta da vizi di contraddittorietà, ha valorizzato circostanze fattuali ripetute, non occasionali né episodiche, che consentono di inquadrare il sig. ……..quale amministratore di fatto, che in modo continuativo e significativo, ancorché non esclusivo, ha partecipato all’attività gestoria dell’Associazione …………

La giurisprudenza amministrativa, del resto, in materia di gravi illeciti professionali – attraverso l’applicazione del principio già definito del “contagio” – consente di avere riguardo a tutti coloro che sono in grado di orientare le scelte del concorrente, prescindendo da una formale investitura: “Secondo siffatta impostazione, se la persona fisica che nella compagine sociale riveste un ruolo influente per le scelte della società, anche al di là di un’investitura formale e, dunque, anche se in via di fatto, è giudicata inaffidabile per aver commesso un illecito nella pregressa attività professionale, inaffidabile può essere considerata – in virtù appunto del suo potere necessariamente condizionante le decisioni di gestione – anche la società che dirige o è in grado di orientare con le sue indicazioni” (Cons. Stato, sez. V, 4 giugno 2020, n. 3507).

L’art. 80, comma 5, lett. c) d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, infatti, rimette alla stazione appaltante il potere di apprezzamento delle condotte dell’operatore economico che possano integrare un “grave illecito professionale”, tale da metterne in dubbio la sua integrità o affidabilità.

Le stesse ipotesi, elencate nel medesimo articolo, sono interpretate come ipotesi che hanno carattere meramente esemplificativo, consentendo all’Amministrazione di desumere il compimento di “gravi illeciti” da ogni vicenda pregressa dell’attività professionale dell’operatore economico, dei suoi rappresentanti, soci, amministratori o soggetti che comunque siano in grado di influenzarne la gestione (intendendosi per operatore economico, l’operatore complessivamente inteso) di cui sia accertata la contrarietà ad un dovere posto in una norma civile, penale o amministrativa (cfr. Cons. Stato, sez. V, 8 ottobre 2020, n. 5967; 14 aprile 2020, n. 2389).

In ragione di quanto esposto le determine di esclusione dei raggruppamenti di ……(rispetto ai quali il signor ………..assume ora la carica di legale rappresentante formale, per l’aggregato di cui al ricorso n. 974/23, ora l’incarico di persona con “potere decisionale in rappresentanza dell’aggregato di ……” per l’aggregato di cui al ricorsi n. 973/23 ) non risultano affette dal difetto di motivazione censurato dalle ricorrenti, avendo fatto corretta applicazione delle cause di esclusione di cui all’art. 80, comma 5, lett. c) e c ter), né risultano viziate per eccesso di potere per illogicità, sproporzione, irragionevolezza, contraddittorietà e disparità di trattamento.

Parimenti la decisione di escludere i raggruppamenti di …….. perché ritenuti inaffidabili non viola il principio di massima partecipazione, che non può essere interpretato fino al punto di ammettere la partecipazione di operatori ritenuti carenti dei requisiti di moralità ed affidabilità.

A cura di giurisprudenzappalti.it del 24/12/2024 di Roberto Donati

 

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