Pendenza di giudizio tributario: qual è la somma esigibile dall’erario ai fini delle valutazioni sulla regolarità fiscale?

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T.A.R. Puglia, 16 settembre 2024, n. 975 fornisce la risposta al complesso quesito in oggetto.

IL CASO

L’offerente, nell’ambio del DGUE, dichiarava di avere provveduto a versare il primo terzo delle imposte e degli interessi accertati, dovuto in pendenza di giudizio tributario di primo grado, ai sensi dell’art. 15 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, mentre la restante parte delle somme accertate risultava “attualmente non dovut[a] per effetto della normativa di riferimento e, segnatamente, per effetto degli artt. 68 del D.Lgs. n. 546 del 1992 e 19 del D.Lgs. n. 472 del 1997” e che detta parte “verrà tempestivamente versata qualora la Società dovesse risultare soccombente ad esito del secondo grado del giudizio, a maggior ragione in considerazione del fatto che essa non versa in alcun stato di crisi, soprattutto in termini di liquidità”.

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Accadeva che la società ricorrente venisse dapprima individuata in posizione utile ai fini dell’aggiudicazione, avendo ottenuto il miglior punteggio, e, di poi, venisse esclusa, a seguito delle verifiche di sussistenza dei requisiti generali e, in particolare, del requisito della c.d. regolarità fiscale.

LA DECISIONE

Impugnato il provvedimento di esclusione il TAR adito accoglieva il ricorso per le seguenti ragioni.

“Il provvedimento è illegittimo per non avere considerato che la somma di €. 241.636,55 non è stata ancora versata dalla-OMISSIS-, in ragione della pendenza del giudizio tributario, avente ad oggetto l’avviso di accertamento relativo all’anno 2008. Nello specifico, -OMISSIS-ha versato unicamente un terzo di quanto dovuto, in base al detto accertamento, in applicazione del chiaro disposto normativo di cui all’art. 15 d.P.R. 602/1973, secondo il quale “le imposte, i contributi ed i premi corrispondenti agli imponibili accertati dall’ufficio ma non ancora definitivi, nonché i relativi interessi, sono iscritti a titolo provvisorio nei ruoli, dopo la notifica dell’atto di accertamento, per un terzo degli ammontari corrispondenti agli imponibili o ai maggiori imponibili accertati”.

Per effetto di una siffatta disposizione, dunque, in pendenza di giudizio tributario, la somma esigibile dall’amministrazione finanziaria è unicamente quella corrispondente ad un terzo degli imponibili. Inoltre, non va obliterato che, in ragione dei contenziosi citati in narrativa, verosimilmente -OMISSIS-potrebbe trovarsi in posizione creditoria nei confronti dell’Agenzia delle Entrate.

Tanto precisato, vero è che il d.lgs. n. 36 del 2023 non fa espresso richiamo alla disciplina dell’art. 15 d.P.R. n. 602 del 1973, ma tuttavia la disciplina di cui al d.P.R. n. 602 citato va ritenuta presupposta dalle norme di cui al d.lgs. n. 36 del 2023 e, comunque, deve darsi alle predette disposizioni una interpretazione sistematica e coerente che valorizzi i relativi precetti, alla luce dei principi generali come sopra richiamati. Difatti, l’art. 4, comma 1, dell’allegato II.10 al d.lgs. n. 36 del 2023 dispone che le violazioni gravi e non definitivamente accertate si considerano tali (e pertanto sono apprezzabili dalla stazione appaltante, ai fini della soltanto eventuale e motivata esclusione) “quando siano decorsi inutilmente i termini per adempiere all’obbligo di pagamento e l’atto impositivo o la cartella di pagamento siano stati tempestivamente impugnati”.

Orbene, il pagamento di un terzo dell’imponibile, ai sensi dell’art. 15 d.P.R. n. 602 del 1973, rende l’ammontare residuo, accertato dall’amministrazione e sub iudice, non esigibile in concreto, de facto et de iure, dall’amministrazione finanziaria e, pertanto, non dovuto all’attualità; con la conseguenza che non può una tale ipotesi logicamente e giuridicamente rientrare nell’ambito delle “violazioni” (seppure non definitivamente accertate) delle obbligazioni tributarie, per di più da connotarsi con la qualificazione della “gravità”, al punto tale da poter determinare un giudizio motivato di esclusione dal procedimento di evidenza pubblica.

Diversamente opinando, l’art. 15 d.P.R. n. 602 del 1973 perderebbe la sua peculiare funzione. E – come già detto – per tale disposizione normativa, gli imponibili (accertati dall’ufficio, ma non ancora definitivi) “sono iscritti a titolo provvisorio nei ruoli”, dopo la notifica dell’atto di accertamento, “per un terzo degli ammontari corrispondenti agli imponibili o ai maggiori imponibili accertati”.

A cura di giurisprudenzappalti.it del16/09/2024 di Elvis Cavalleri

 

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