Nei rapporti con la pubblica amministrazione i certificati e gli atti di notorietà sono sempre sostituiti dalle dichiarazioni sostitutive

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Sulla base dell’art. 40, comma 1, del d.P.R. n. 445 del 2000 le certificazioni rilasciate dalla pubblica amministrazione sono valide e utilizzabili solo nei rapporti tra privati, in quanto nei rapporti con gli organi della pubblica amministrazione e i gestori di pubblici servizi i certificati e gli atti di notorietà sono sempre sostituiti dalle dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 e 47.

Lo ribadisce, respingendo il ricorso, Tar Sicilia, Catania, Sez. III, 20/04/2024, n. 1477:

Con riferimento al requisito della presenza del coordinatore con adeguata esperienza si ha, invece, un mero riferimento alla “richiesta” del “certificato attestante l’anzianità di servizio”, che fa sorgere il dubbio se si estendeva la disciplina prevista per la comprova dell’esecuzione di servizi analoghi e, pertanto, se, in caso di prestazione a favore di soggetti pubblici, poteva ammettersi la produzione di dichiarazioni sostitutive.

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Il problema diventa, pertanto, se il bando richiedeva, a pena di esclusione, la presentazione del certificato o ammetteva anche dichiarazioni sostitutive dello stesso.

Orbene, è principio di diritto consolidato quello secondo cui se il dato testuale presenta ambiguità, l’interprete, in forza del principio di favor partecipationis, deve prescegliere il significato più favorevole al concorrente; conseguentemente, in presenza di clausole ambigue o di dubbio significato della lex specialis delle procedure di evidenza pubblica, in ossequio al principio del favor partecipationis – che sottende anche l’interesse pubblico al massimo dispiegarsi del confronto concorrenziale, inteso all’individuazione dell’offerta maggiormente vantaggiosa e conveniente per l’Amministrazione appaltante – deve privilegiarsi l’interpretazione che favorisca l’ammissione alla gara piuttosto che quella che la ostacoli; inoltre, le clausole ambigue del bando di gara vanno interpretate anche in coerenza con le previsioni del codice dei contratti pubblici, a partire dal principio di tassatività delle cause di esclusione, con conseguente nullità degli atti adottati in contrasto con lo stesso (per tutte, con richiami, Consiglio di Stato, V, 9 gennaio 2024, n. 295).

È nota poi la disposizione di cui all’art. 40, comma 1, del d.P.R. n. 445 del 2000 secondo cui le certificazioni rilasciate dalla pubblica amministrazione sono valide e utilizzabili solo nei rapporti tra privati, in quanto nei rapporti con gli organi della pubblica amministrazione e i gestori di pubblici servizi i certificati e gli atti di notorietà sono sempre sostituiti dalle dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 e 47.

In sostanza, alla luce delle richiamate disposizioni, né le certificazioni della pubblica amministrazione sono valide al fine di dimostrare alcunché nei confronti di altre amministrazioni, né l’amministrazione può richiedere al privato di produrre certificazioni da parte di altre amministrazioni, essendo essa stessa tenuta ad acquisirle d’ufficio presso l’amministrazione competente.

Sulla applicabilità di detta disciplina nella materia degli appalti pubblici, la giurisprudenza amministrativa ha condivisibilmente affermato che risulta evidente che gli accertamenti d’ufficio disciplinati dall’art. 43, comma 1 D.P.R. 445/2000 “riguardano tutte le ipotesi di informazioni oggetto delle dichiarazioni sostitutive di cui agli artt. 46 e 47 dello stesso D.P.R., dichiarazioni sostitutive che gli artt. 41 e 42 del codice dei contratti pubblici consentono ai concorrenti di utilizzare per comprovare i requisiti tecnico-organizzativi ed economico-professionale salvo verifica successiva da parte della stazione appaltante, ai sensi dell’art. 48 commi 1 e 3 , senza che possa in alcun modo rilevare la “specialità” della disciplina dei contratti pubblici” (cfr C.d.S., sez. III, n.4785/2013).

Ne deriva che nel dubbio sul se l’art. 12 del disciplinare imponeva, diversamente da quanto statuito per il requisito esperienziale, a pena di esclusione, la produzione del certificato di comprova del servizio prestato, qualora prestato a favore di Pubbliche Amministrazioni, e quello riferito al titolo di studio va privilegiata la soluzione negativa, in quanto conforme al principio del favor partecipationis e alla normativa in materia di autocertificazione.

Questa è, peraltro, l’interpretazione data dalla stazione appaltante; dal verbale n. 2 del 23 agosto 2023 risulta, infatti, che il Presidente della Commissione riferiva di avere ricevuto dal RUP le seguenti informazioni: “la figura di Coordinatore pedagogico è da intendersi quale figura aziendale e non di esclusiva pertinenza dei lotti della gara in oggetto, cosa peraltro in linea con la normativa regionale, ed alla quale si fa riferimento nella lex specialis di gara all’art. 12 del Disciplinare di gara e all’art. 11 del Capitolato Speciale d’appalto; segnatamente al Disciplinare di gara (pag. 14, art. 12), riguardo alla richiesta della presenza di un coordinatore pedagogico per ciascun lotto, avente minimo 3 anni di anzianità di sevizio nel ruolo ed il previsto titolo di studio avendo il riscontro mera funzione dichiarativa, questo può essere assolto tramite autodichiarazione ai sensi e per gli effetti del D.P.R 445/2000, contenente l’identificazione del soggetto che riveste tale mansione al momento della presentazione dell’offerta di gara”.

Deve, inoltre, rilevarsi che, qualora si accedesse all’opposta soluzione, il RTI controinteressato non potrebbe, comunque, essere escluso dalla gara, in quanto dovrebbe ritenersi fondato il secondo motivo del ricorso incidentale con cui il medesimo ha dedotto l’illegittimità della richiesta della certificazione la quale di sostanzia nell’imposizione di un mezzo di prova della capacità tecnico-professionale non previsto dal combinato disposto tra l’art. 83 del d.lgs 50/2016 (Codice dei contratti pubblici) e l’Allegato XVII parte II al Codice (applicabile al caso in esame, ex art. 226 del D.lgs. 36/2023), che elenca i mezzi per provare le capacità tecnico-professionali degli operatori economici, tra i quali non è compresa la certificazione riguardante l’anzianità di servizio e il titolo di studio del collaboratore (nella specie, coordinatore pedagogico) della ditta concorrente.

A cura di giurisprudenzappalti.it del 20/04/2024 di Roberto Donati

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