La figura dell’amministratore di fatto deve essere individuata attraverso i c.d. “elementi sintomatici di gestione” della società

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Nell’accogliere l’appello il Consiglio di Stato si sofferma sulla nozione di “amministratore di fatto”. Ricordando che la responsabilità dell’amministratore di fatto ai sensi dell’art. 2639 c.c., postula un esercizio continuativo e significativo anche solo di taluno dei poteri tipici inerenti quella funzione, purché l’attività gestoria, svolta in modo non episodico od occasionale, sia apprezzabile.

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Per cui solo attraverso l’analisi degli atti di gestione in concreto svolti dal soggetto agente è possibile stabilire se questi ha rivestito di fatto la funzione di amministratore della società.

Questo quanto stabilito da Consiglio di Stato, Sez. V, 04/06/2025, n. 4863:

14.3. Sulla nozione di amministratore di fatto accertabile da una stazione appaltante è necessario fornire alcuni chiarimenti.

14.4. Ai fini del riconoscimento della qualifica di amministratore di fatto, la prova della ritenuta funzione gestoria, esercitata da parte di un soggetto non formalmente investito di tale carica, si traduce nell’accertamento di elementi sintomatici dell’inserimento organico di tale soggetto in qualunque settore gestionale dell’attività economica, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare (Cassazione penale sez. V, 28 febbraio 2024, n. 16414). La responsabilità dell’amministratore di fatto ai sensi dell’art. 2639 c.c., postula un esercizio continuativo e significativo anche solo di taluno dei poteri tipici inerenti quella funzione, purché l’attività gestoria, svolta in modo non episodico od occasionale, sia apprezzabile (cfr. Cassazione penale sez. III, 14 gennaio 2025, n. 9130). La posizione dell’amministratore di fatto va individuata con riferimento alle disposizioni civilistiche che, regolando le attribuzioni dell’amministratore di diritto, costituiscono la parte precettiva di norme sanzionate dalla legge penale (Cass. pen., Sez. V, 25 giugno 2024, n. 36582).

14.5. L’art. 2639 c.c., vista la sua collocazione nell’ambito della disciplina dei reati societari, amplia la platea dei responsabili attraverso un’estensione che ricomprende tanto i soggetti che rivestono cariche e funzioni specifiche all’interno delle società, quanto coloro che, pur privi della qualifica formale, esercitano in via di fatto “in modo continuativo e significativo i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione”. Come sottolineato dalla migliore dottrina, la definizione fornita dall’art. 2639 c.c. è lo strumento per individuare in modo univoco quei soggetti che, esercitando di fatto cariche o funzioni all’interno di società, pur in assenza della correlativa nomina formale, assumono la responsabilità penale per gli illeciti commessi nel corso della gestione della impresa.

14.6. Una volta stabilito che il parametro di riferimento per l’individuazione di un “amministratore di fatto” è l’effettivo esercizio dei poteri tipici inerenti alla relativa funzione (Cass. civ., Sez. I, 5 dicembre 2008, n. 28819), il compito di una stazione appaltante si concentra nell’individuare i suddetti poteri che possono essere desunti solo dalla lettura delle norme che ne descrivono il contenuto; solo attraverso l’analisi degli atti di gestione in concreto svolti dal soggetto agente è possibile stabilire se questi ha rivestito di fatto la funzione di amministratore della società.

14.7. La figura dell’amministratore di fatto deve essere individuata attraverso i c.d. “elementi sintomatici di gestione” della società. I compiti demandati a coloro che rivestono le cariche formali sono alternativamente o cumulativamente: a) il compimento delle operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale; b) la valutazione dell’adeguatezza degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili della società; c) l’esame dei piani strategici, industriali e finanziari. Nell’ipotesi che l’ente societario sia una società a responsabilità limitata, la disposizione di riferimento è costituita dall’art. 2475 c.c. che all’ultimo comma richiama la disposizione di cui all’art. 2381 c.c. Pertanto, per stabilire se si sia in presenza di un amministratore di fatto, occorre verificare in concreto se il soggetto estraneo, si sia inserito nella gestione della società procedendo allo svolgimento dei compiti propri degli amministratori, così come descritti dalle corrispondenti norme civilistiche.

La forma più evidente di intromissione avviene nel momento in cui l’amministratore di fatto agisce in modo diretto nel perseguimento dell’oggetto sociale dell’impresa in ciò intrattenendo rapporti con i clienti, con i fornitori, con i dipendenti. Possono essere considerati infine elementi indizianti altamente significativi della presenza di un amministratore di fatto circostanze quali, ad esempio, la costante assenza dell’amministratore di diritto, la mancanza di qualsivoglia cognizione professionale per l’esercizio della funzione da parte dell’amministratore di diritto (Cass. Pen., Sez. V, 17 giugno 2016, n. 41793).

In definitiva, l’attività di amministratore di fatto si deve tradurre necessariamente nel compimento di atti concreti attraverso i quali un soggetto privo di nomina regolare interferisce, si sovrappone e si sostituisce alla volontà dell’organo competente influendo, con la propria volontà sull’andamento della società.

L’esercizio dei poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione da parte dell’extraneus deve avvenire in modo continuativo e significativo (Cass. pen., Sez. V, 24 aprile 2020, n. 12912). Si richiede, pertanto, la reiterazione di atti e comportamenti, escludendo la rilevanza di un esercizio di poteri episodico o meramente occasionale.

A cura di giurisprudenzappalti.it del 05/06/2025 di Roberto Donati

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