La facoltà di scartare l’offerta extraeuropea può essere esercitata sulla base di un dato meramente quantitativo

La stazione appaltante ha disposto l’esclusione sulla base della dichiarazione resa dalla società ricorrente secondo cui “la parte dei prodotti originari di Paesi terzi, ai sensi del regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013, supera il 50 per cento del valore totale dei prodotti che compongono l’offerta”.
Secondo la stazione appaltante “la formula normativa di cui all’art.170 comma 2 del D. Lgs. 36/2023 (così come riprodotta nell’art. 5 della Lettera di invito) non può essere interpretata restrittivamente nel senso che l’offerta contenente prodotti originari di paesi terzi possa essere respinta dalla Stazione Appaltante, solo dopo avere valutato le offerte […]”.
Secondo la ricorrente, l’art. 170 citato attribuirebbe alla stazione appaltante una facoltà di respingere le offerte con prodotti extra UE sopra la soglia del 50%, in base ad una valutazione motivata da compiersi nel caso concreto, dopo aver ricevuto e considerato le offerte. In altre parole, la facoltà di respingimento, proprio in quanto tale, sarebbe condizionata e subordinata ad una verifica in concreto della qualità e della tipologia della fornitura offerta dalla società ricorrente – e dei suoi processi di produzione e organizzazione – ed a un relativo obbligo di motivazione.

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Tar Toscana, Sez. IV, 21/05/2025, n. 909 respinge il ricorso e conferma l’esclusione:
1. Il provvedimento di esclusione impugnato con il ricorso principale costituisce applicazione della lex specialis(art. 5.2. della lettera di invito) che consente alla stazione appaltante di poter escludere l’offerta presentata “se la parte dei prodotti originari di Paesi terzi, ai sensi del regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013, supera il 50 per cento del valore totale dei prodotti che compongono l’offerta”.
La prescrizione ripropone quanto previsto dall’art. 170 del d.lgs. 36 del 2023 (Codice dei contratti) – rubricato “Offerte contenenti prodotti originari di Paesi Terzi” – il quale statuisce (nella versione ratione temporis vigente – ante correttivo di cui al d.lgs. 31 dicembre 2024 n. 209), al secondo comma, che: “Qualsiasi offerta presentata per l’aggiudicazione di un appalto di forniture può essere respinta se la parte dei prodotti originari di Paesi terzi, ai sensi del regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013, supera il 50 per cento del valore totale dei prodotti che compongono l’offerta. In caso di mancato respingimento dell’offerta a norma del presente comma, la stazione appaltante o l’ente concedente motiva debitamente le ragioni della scelta e trasmette all’Autorità la relativa documentazione. Ai fini del presente articolo, i software impiegati negli impianti delle reti di telecomunicazione sono considerati prodotti”.
Detta norma recepisce le previsioni dell’articolo 85 della Direttiva 2014/25/UE (sui c.d. “settori speciali”), il cui paragrafo 2, in particolare, prevede che: “Qualsiasi offerta presentata per l’aggiudicazione di un appalto di forniture può essere respinta se la parte dei prodotti originari di paesi terzi, ai sensi del regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, supera il 50 % del valore totale dei prodotti che compongono l’offerta”.
2. La società ricorrente sostiene che l’art. 170 del Codice dei contratti e l’art. 5.2 della lettera di invito devono essere ragionevolmente interpretati, anche alla luce del citato art. 85 della Direttiva, nel senso della semplice possibilità per la stazione appaltante di escludere un’offerta contenente una percentuale superiore al 50% di prodotti extra UE; ossia nel senso dell’adozione di una scelta discrezionale da ponderare e motivare a seguito dell’apertura delle offerte presentate e solo dopo aver accertato quali siano le concrete caratteristiche del prodotto offerto. Dunque, tanto nel caso di ammissione del concorrente (laddove di regola le ammissioni non vanno motivate), quanto nel caso di esclusione (sulla base dei principi generali), sussisterebbe in capo alla stazione appaltante un inevitabile onere di motivazione, che presupporrebbe che l’offerta presentata venga valutata nel merito prima di decidere; altrimenti, la facoltà di escludere concessa dal bando e dal Codice “si trasformerebbe in mero arbitrio, in quanto tale non soggetto ad alcuna forma di controllo giurisdizionale”.
3. Tale tesi, pur suggestiva, non può essere condivisa, ritenendo il Collegio di dover confermare il proprio avviso già succintamente espresso in sede cautelare.
3.1. L’art. 170 citato recepisce le previsioni di cui all’articolo 85 della Direttiva 2014/25/UE e riprende norme già contenute nell’articolo 137 del decreto legislativo n. 50 del 2016 e, ancora prima, nell’art. 234 del decreto legislativo n.163 del 2006. In linea di continuità con quanto già previsto dalla previgente disciplina, l’articolo 170 istituisce un sistema di preferenza dei prodotti comunitari e, al tempo stesso, fissa un complesso di regole atto a salvaguardare l’integrità del mercato europeo, garantendo il rispetto delle condizioni di reciprocità degli operatori economici europei nel mercato pubblico di Paesi terzi. Ai sensi del comma 1, le previsioni dell’articolo in esame trovano infatti applicazione in relazione alle offerte contenenti prodotti originari di Paesi terzi con cui l’Unione europea non ha concluso, in un contesto multilaterale o bilaterale, un accordo che garantisca un accesso comparabile ed effettivo delle imprese dell’Unione ai mercati di tali Paesi terzi. Non sono, altresì, considerati prodotti di Paesi terzi quelli a cui, con decisione del Consiglio dell’Unione europea, è stato esteso il beneficio di essere destinatari delle disposizioni contenute nelle Direttive europee in materia di appalti pubblici.
Ai sensi del sopra riportato comma 2, viene dunque attribuita agli enti aggiudicatori la facoltà di rifiutare qualsiasi offerta presentata per l’aggiudicazione di un appalto che abbia ad oggetto prodotti originari di Paesi terzi – secondo quanto previsto dal Regolamento UE 952/2013 – allorquando tali prodotti – nel cui novero sono inclusi anche i software impiegati nelle reti di telecomunicazione – superino il 50% della totalità dell’offerta. Qualora infatti l’ente aggiudicatore decida di ammettere un’offerta composta per la maggior parte da prodotti di Paesi terzi, dovrà motivare debitamente la scelta, trasmettendo all’ANAC la relativa documentazione (c.d. principio dell’apply or explain, come viene spiegato nella Relazione illustrativa al Codice).
3.2. La previsione normativa in esame, dunque, distingue chiaramente sotto il profilo dell’onere motivazionale l’ipotesi in cui le stazioni appaltanti intendano respingere un’offerta contenente prodotti originari di Paesi terzi da quella del “mancato respingimento”. In particolare, nell’ipotesi in cui la stazione appaltante decida di rifiutare l’offerta composta per la maggior parte da prodotti di Paesi terzi, il secondo comma dell’articolo 170 non richiede alcuna motivazione o, meglio, non richiede alcuna motivazione ulteriore rispetto a quella legata al fatto che i beni offerti vengano prodotti per più del 50% in un Paese terzo che non assicura condizioni di reciprocità con l’Unione europea; viceversa nell’ipotesi di ammissione di tali offerte, la medesima norma impone alla stazione appaltante di rispettare una procedura aggravata che prevede un obbligo di motivazione pregnante e la trasmissione della relativa documentazione all’ANAC (il decreto correttivo ha poi rafforzato l’onere di motivazione imponendo la trasmissione anche di una relazione). In tal caso la stazione appaltante dovrà dimostrare che la deviazione dalla raccomandazione legislativa è necessaria ai fini del raggiungimento del risultato e non tradisce l’obiettivo della parità di condizioni di partecipazione degli operatori economici.
3.3. Pertanto, la valutazione della concreta rispondenza dell’offerta presentata in gara agli standard organizzativi e produttivi riscontrabili sul mercato degli appalti comunitari potrebbe eventualmente trovare spazio in una motivazione circa la non esclusione dell’offerta tecnica, dunque solo allorquando la stazione appaltante, derogando alla scelta preferenziale del legislatore, non eserciti la facoltà di rifiutare anticipatamente l’offerta extraeuropea, procedendo a valutarla nel merito.
3.4. Del resto, la logica “escludente” in parola – per la quale l’esclusione dell’offerta di un bene prodotto per oltre il 50% in un Paese terzo costituisce la regola, mentre l’opposta ammissione l’eccezione – ben si evince dall’art. 170, comma 3, del Codice (attuativo a sua volta dell’art. 85, terzo paragrafo, della Direttiva 2014/25/UE), laddove tale ultima norma prevede che, in caso di equivalenza tra due offerte (e qui, a differenza del precedente comma, siamo nel momento valutativo successivo all’ammissione), è preferita quella “che non può essere respinta a norma del comma 2”, cioè quella che non contenga prodotti provenienti per la maggior parte da Paesi terzi (cfr. T.A.R. Lazio, Sez. II bis, n. 21202/2024).
3.5. Pertanto – essendo pacifico che la produzione della xxx proviene dall’India o dagli Emirati Arabi, Paesi terzi che non hanno stipulato alcun accordo che garantisca la reciproca apertura del mercato degli appalti alle imprese dell’Unione (e che peraltro, notoriamente, non garantiscono standard organizzativi e produttivi simili a quelli applicati dalle imprese produttrici europee) – nel momento in cui il dato quantitativo del superamento della soglia, da parte dell’offerta di xxx, era già certo, ragioni di economia procedimentale e di speditezza senz’altro giustificavano l’eliminazione dell’offerta già dopo l’esame delle buste amministrative. Ciò, infatti, è conforme non solo alle norme sopra richiamate, ma anche al principio del risultato che informa il nuovo Codice dei contratti pubblici e all’urgenza correlata all’importanza dell’opera cui la fornitura in oggetto è finalizzata e alla necessità di contenere i tempi della procedura.
3.6. Al riguardo il T.A.R. Sicilia, Catania, sez. III, n. 2809/2023, ha condivisibilmente ritenuto che non risulti contraria alla disposizione legislativa (in quel caso, l’art. 137 del d.lgs. n. 50 del 2016) la condotta di una stazione appaltante che decida di non ammettere la partecipazione alla gara di operatori economici le cui forniture sono prodotte in un Paese con il quale non vige un accordo di reciprocità; essa, infatti, farebbe propria una facoltà che la norma gli attribuisce in forma “espressa” nella fase di valutazione delle offerte, ma che non può ritenersi esclusa, anche per esigenze di economicità procedimentale ed efficienza della procedura, già nel momento di predisposizione e di successiva pubblicazione della lex specialis di gara.
3.7. Dunque, la facoltà di scartare l’offerta extraeuropea può essere esercitata sulla base di un dato meramente quantitativo la cui ricognizione è affidata alla stazione appaltante, la quale non ha l’obbligo di valutare la predetta offerta né di verificarne la rispondenza agli standard europei. Tale facoltà può essere esercitata sia a monte nel bando sia, come nel caso in esame, in sede di verifica della documentazione amministrativa dei concorrenti dalla quale si evinca l’origine dei prodotti offerti. Viceversa, seguendo la tesi della ricorrente nessuna delle predette ipotesi sarebbe possibile, dovendosi sempre e comunque procedere alla valutazione del merito delle offerte, con la conseguenza che l’art. 170, comma 2, verrebbe svuotato di gran parte della sua portata innovativa e precettiva e privato della sua precipua logica semplificatoria che gli deriva dall’applicazione del modello regolatorio dell’apply or explain.
A cura di giurisprudenzappalti.it del 21/05/2025 di Roberto Donati

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