FOCUS: “Revoca dell’aggiudicazione dopo la stipula del contratto: configurabile una carenza di potere in concreto”

Premessa
Con la sentenza n. 555 del 20 marzo 2025, il TAR Calabria, sez. II, interviene su un tema di grande rilievo pratico e sistematico nel diritto dei contratti pubblici: l’(im)possibilità per la stazione appaltante di revocare l’aggiudicazione dopo la stipula del contratto.
Il Tribunale afferma con chiarezza che, a contratto stipulato, il potere di revoca ex art. 21-quinquies della L. 241/1990 non è più esercitabile, configurandosi in tal caso una carenza di potere in concreto, in quanto l’amministrazione può incidere sul rapporto solo con gli strumenti previsti dal Codice dei contratti pubblici nella fase di esecuzione, quali il recesso (art. 123) o, nei casi previsti, la risoluzione (art. 122) del D.lgs. n. 36/2023.

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Il caso concreto e le censure sollevate
Il giudizio nasce dall’impugnazione, da parte di una società affidataria, dei provvedimenti con cui un Comune aveva revocato, ai sensi dell’art. 21-quinquies L. 241/1990, le determinazioni di affidamento relative all’attivazione del servizio di videosorveglianza tramite lettura targhe, nonostante fosse già stato stipulato il relativo contratto tramite piattaforma MEPA.
La società deduceva, tra l’altro, la carenza in concreto del potere di revoca, essendo già intervenuta la stipulazione contrattuale, momento oltre il quale – si sostiene – l’amministrazione può agire solo con strumenti negoziali e non più con provvedimenti autoritativi.
La decisione del TAR Calabria
Il TAR accoglie il ricorso, giudicando fondato proprio il primo motivo, relativo alla carenza del potere di revoca. Il Collegio osserva che l’amministrazione, una volta perfezionatosi il contratto, non conserva più il potere pubblicistico di revoca dell’aggiudicazione, ma può eventualmente esercitare il diritto di recesso previsto dall’art. 123 D.lgs. n. 36/2023 o risolvere il contratto ex art. 122, nei casi previsti.
In tal senso, la revoca adottata non è illegittima per mancanza in astratto del potere, ma per sua inidoneità a operare nella fase di esecuzione del contratto, ossia per carenza di potere in concreto.
Il consolidato orientamento giurisprudenziale
Il TAR calabrese si colloca in un solco giurisprudenziale già tracciato, richiamando, tra gli altri, il Consiglio di Stato, sez. III, sentenza n. 5171/2024, che aveva escluso l’utilizzabilità dello strumento della revoca una volta stipulato il contratto, dovendosi ricorrere agli strumenti privatistici previsti dal codice dei contratti.
Ancora più chiaramente, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 14/2014, in un passaggio ampiamente citato, aveva affermato che la coesistenza, nel medesimo presupposto (la sopravvenuta valutazione dell’interesse pubblico), di recesso e revoca impone di riservare alla prima lo spazio applicativo nella fase esecutiva, essendo norma speciale e assorbente.
Autotutela pubblicistica vs. rimedi contrattuali
Il tentativo del Comune di giustificare la revoca invocando presunti inadempimenti contrattuali (come l’aggravio di costi, carenze di personale e modifiche tecniche non autorizzate) è stato rigettato dal TAR, che ha evidenziato come tali questioni attengano alla fase esecutiva e, dunque, non possano essere affrontate mediante strumenti di autotutela pubblicistica.
Tali criticità, infatti, avrebbero potuto semmai legittimare il recesso o la risoluzione del contratto, non una revoca che incide su un provvedimento (l’aggiudicazione) già consumato e superato dalla stipulazione.
La (in)configurabilità dell’annullamento d’ufficio
Non ha convinto nemmeno la tesi dell’amministrazione secondo cui il provvedimento impugnato sarebbe stato, in realtà, un annullamento d’ufficio e non una revoca.
Il TAR, sottolineando che l’atto è espressamente qualificato come “revoca”, ha comunque chiarito che un provvedimento di annullamento esige la puntuale indicazione dei vizi e dei presupposti, che nel caso di specie difettano del tutto.
Conclusioni
La sentenza in commento ribadisce un principio ormai consolidato ma non sempre rispettato nella prassi amministrativa: una volta concluso il contratto, la stazione appaltante non può più esercitare poteri autoritativi sull’aggiudicazione.
L’unica via percorribile resta quella dei rimedi negoziali previsti dal Codice dei contratti, strumenti che impongono all’amministrazione di agire nel rispetto delle regole privatistiche del rapporto contrattuale.
Sotto il profilo sistematico, si consolida così una netta separazione tra fase pubblicistica e fase negoziale, a tutela dell’affidamento del contraente privato e della certezza giuridica, elementi fondamentali in un settore cruciale come quello dei contratti pubblici.
A cura della Redazione di TuttoGare del 05/05/2025

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