FOCUS: “Il soccorso istruttorio nella redistribuzione delle risorse pubbliche: tra rigore applicativo e par condicio”

In tema di redistribuzione delle risorse pubbliche, l’istituto del soccorso istruttorio si confronta con una soglia applicativa particolarmente elevata, ben oltre quella sperimentata nelle ordinarie gare pubbliche.
La sentenza del T.A.R. Lazio, Roma, Sez. V Bis, 19 maggio 2025, n. 9493, si inserisce nel solco di un consolidato orientamento giurisprudenziale che, in tali procedure, valorizza il principio della par condicio dei concorrenti a scapito della massima partecipazione.

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Il contesto: dalla gara all’avviso pubblico di finanziamento
A differenza delle procedure di gara per l’affidamento di contratti pubblici, le selezioni per l’assegnazione di contributi o finanziamenti pubblici si configurano come attività di redistribuzione di risorse economiche. In tale ambito, il concorrente non aspira a un contratto sinallagmatico, ma alla concessione di un beneficio erogato in virtù di finalità pubbliche predefinite.
Questa distinzione si riflette sulla portata dell’istituto del soccorso istruttorio, la cui funzione – secondo la pronuncia in commento – non può tradursi in un’occasione di sanatoria postuma di errori, omissioni o carenze documentali che altererebbero la parità tra i partecipanti.
Il principio di autoresponsabilità come argine al soccorso
Il Collegio richiama il principio di autoresponsabilità del concorrente, già delineato dal Consiglio di Stato (Sez. III, sent. n. 4931/2016 e n. 4932/2016), che impone a ciascun partecipante di sopportare le conseguenze degli errori nella formulazione della domanda, laddove la lex specialis risulti chiara e univoca.
Ciò vale a maggior ragione nei procedimenti a partecipazione “di massa”, dove l’amministrazione è chiamata a operare su una pluralità di istanze – spesso standardizzate – e la certezza del diritto e l’efficienza amministrativa impongono confini netti all’elasticità istruttoria.
Regolarizzazione sì, integrazione no
Il T.A.R. chiarisce che può ammettersi solo la regolarizzazione formale della domanda, ossia la correzione di vizi che non alterano l’originaria dichiarazione di volontà del concorrente.
È invece esclusa ogni possibilità di integrazione documentale ex post, che equivarrebbe alla presentazione di una nuova domanda fuori termine.
Diversamente opinando, il soccorso istruttorio si trasformerebbe in uno strumento elusivo delle regole di gara.
La giurisprudenza conforme è ampia e ben radicata: si vedano, tra le altre, T.A.R. Reggio Calabria, Sez. I, n. 150/2021; T.A.R. Cagliari, Sez. I, n. 26/2016; Cons. Stato, Sez. IV, n. 5698/2018; Cons. Stato, Ad. Plen., n. 9/2014.
Il rigore giustificato dalla finalità pubblica
La sentenza pone in luce anche la natura funzionale dell’intervento pubblico: nelle procedure di finanziamento l’amministrazione non persegue l’interesse del singolo beneficiario, bensì obiettivi pubblici definiti dalla legge o dal bando.
Come ricordato dal Consiglio di Stato (Sez. IV, n. 50/2017), ciò implica un’interpretazione rigorosa delle disposizioni attributive del beneficio, non solo a tutela della concorrenza ma anche per evitare l’insorgenza di aiuti di Stato illegittimi.
Conclusioni
La pronuncia in commento conferma la linea rigorista che ormai domina il settore della concessione di contributi pubblici: laddove si tratti di redistribuire risorse, la discrezionalità dell’amministrazione deve confrontarsi con vincoli formali inderogabili, a tutela dell’imparzialità e della parità di trattamento.
Il soccorso istruttorio, pur costituendo uno strumento essenziale per garantire la massima partecipazione e l’effettività del procedimento, non può travalicare i limiti della regolarizzazione.
In assenza di errori formali, l’omissione o l’errore sostanziale non può che condurre all’esclusione, pena la violazione del principio della par condicio.
A cura della Redazione di TuttoGare PA del 29/05/2025

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