Rinvio a giudizio non dichiarato in fase di gara. E’ dichiarazione carente o falsa ?
L’articolo 80 continua a mietere sentenze, con decisioni che attestano la difficoltà da parte delle stazioni appaltanti nel districarsi tra obblighi dichiarativi veri o presunti, cause di esclusione non tipizzate, ed interpretazioni della giurisprudenza evidentemente non uniformi.
La vicenda riguarda ricorso avverso l’aggiudicazione di un accordo quadro per centrale di sterilizzazione della ASL comprensivi del servizio di sterilizzazione, della fornitura, in noleggio e manutenzione dello strumentario chirurgico.
Nel groviglio di ricorsi oggetto di decisione emerge il motivo relativo alla mancata esclusione dell’aggiudicataria per omessa dichiarazione di fatti integranti “grave errore professionale” circa il rinvio a giudizio per fatti inerenti ad altra gara d’appalto, dunque sia ai sensi della lettera c) che f-bis) del d.lgs. 50/2016.
Tar Abruzzo, sezione staccata di Pescara, Sez. I, 15/ 01 /2020, n.22 accoglie il ricorso, affermando che la dichiarazione è carente, non falsa.
Come noto, sussiste ampio dibattito giurisprudenziale sulla individuazione del concetto di “grave illecito professionale” di cui al comma 5, lett. c) d.lgs. 50/2016 e s.m. nonché sulla delimitazione del contenuto dell’obbligo dichiarativo a carico dei soggetti tenuti ad effettuare le dichiarazioni circa il possesso dei requisiti morali.
Secondo una tesi, l’onere dichiarativo relativo a vicende rilevanti ai sensi dell’art. 80 c. 5 lett. c) sussisterebbe solo laddove la vicenda abbia dato luogo a iscrizione nel casellario ANAC (ex multis Consiglio di Stato sez. III, 12 luglio 2018, n. 4266; T.A.R. Puglia Bari, sez. III, 8 febbraio 2019, n. 226).
La prevalente giurisprudenza afferma tuttavia che le informazioni dovute alla stazione appaltante comprendono ogni addebito subito in pregresse vicende professionali che possa rivelarsi utile all’amministrazione per valutare l’affidabilità e l’integrità dell’operatore economico e non solo, dunque, quelle informazioni che potrebbero dar luogo a provvedimenti espulsivi dalla procedura (Consiglio di Stato, sez. V, 3 settembre 2018, n. 5142; id. sez. V, 25 luglio 2018, n. 4532; id. sez. V, 11 giugno 2018, n. 3592).
E’ dunque rimesso alla stazione appaltante il potere di apprezzamento delle condotte dell’operatore economico che possono integrare un “grave illecito professionale”, tale da metterne in dubbio la sua integrità o affidabilità, anche oltre le ipotesi elencate nel medesimo articolo, si da comprendere gli inadempimenti contrattuali “sub iudice” (Consiglio di Stato sez. III, 27 dicembre 2018, n. 7231; id. sez. V, 2 marzo 2018, n. 1299; id. sez. V, 7 gennaio 2020, n. 70) a prescindere dalla definitività degli accertamenti giudiziali, e dunque, anche a fronte di una richiesta di rinvio a giudizio (T.A.R. Lombardia Milano, sez. I, 16 maggio 2019, n. 1120) ferma restando tuttavia la necessità di una congrua motivazione da parte della stazione appaltante circa l’inaffidabilità.
Il Tar evidenzia come gli episodi non dichiarati dall’aggiudicataria , peraltro “sub iudice” ma connotati da indubbia gravità, non sono stati portati all’attenzione della stazione appaltante in sede di gara.
Diversamente da quanto sostenuto dalla controinteressata, gli elementi rilevanti ai fini dell’operatività della citata norma possono essere desunti anche da fatti oggetto di un procedimento penale (T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 30 gennaio 2018, n. 1092; Consiglio di Stato, Sez. V, 27 febbraio 2019, n. 1367)
Si è, infatti, chiarito come “aderire alla prospettazione delle parti resistenti, che ritengono irrilevante il provvedimento interdittivo, poiché adottato dall’Autorità giudiziaria penale e non da una stazione appaltante in seno ad una contestazione civilistica, condurrebbe al paradosso di attribuire valenza espulsiva agli illeciti professionali che abbiano determinato sanzioni negoziali, escludendola, invece, per quelli che sfociano in provvedimenti di rilevanza penale (evidentemente ben più gravi), con evidente violazione dei principi di coerenza dell’ordinamento, proporzionalità e ragionevolezza (in tal senso v. Consiglio di Stato n. 4192/2017)” (T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 19 aprile 2018, n. 593).
La mancanza di tipizzazione, da parte dell’ordinamento, delle fattispecie a tale fine rilevanti, non comporta che i concorrenti dispongano di un filtro valutativo circa gli episodi di “errore grave” da far emergere in gara, e quindi di una loro facoltà di scelta dei fatti da denunciare […] La gravità dell’evento, infatti, è ponderata dalla stazione appaltante, sicché l’operatore economico è tenuto a dichiarare lo stesso ed a rimettersi alla valutazione della stazione appaltante. Ne consegue che la mancata esternazione di un evento, anche se poi ritenuto non grave, comporta di norma, l’esclusione dalla gara specifica (cfr. Consiglio di Stato, n. 4051/2017). L’omissione di tale dichiarazione non consente, infatti, all’amministrazione di poter svolgere correttamente e completamente la valutazione di affidabilità professionale dell’impresa e fa assumere alla domanda di partecipazione, resa in sede di gara, la natura di dichiarazione non già incompleta, ma non veritiera e pertanto non sanabile con il soccorso istruttorio di cui all’art. 38 c. 2 bis del d.lgs. 163/06 (Consiglio di Stato, sez, V, 27 settembre 2017, n. 4527; id. n. 4227/2017; id. n. 3652/2017; id. sez. III n. 2167/2017)» (Consiglio di Stato sez. III, 13 giugno 2018, n. 3628).
Ciò appare al Collegio coerente con il principio assolutamente pacifico, affermato anche in vigenza dell’art. 38 del d.lgs. 163/2006, in merito alla valenza espulsiva della mancata dichiarazione in sede di gara di tutte le condanne penali riportate dal concorrente ivi comprese quelle pacificamente non attinenti alla moralità professionale e dunque irrilevanti ai fini del giudizio di ammissione, non operando la pur sostenuta teoria del falso “innocuo” ed essendo impedito alla stazione appaltante di valutarne la gravità non potendo il concorrente sostituirsi ad essa (ex multis T.A.R. Lazio Roma sez. II, 6 marzo 2019, n.3024; Consiglio di Stato, sez. III, n. 4019 del 2016; id., sez. IV, n. 834 del 2016; id., sez. V, n. 4219 del 2016; id., n. 3402 del 2016; id., n. 1641 del 2016; id. sez. III, 29 maggio 2017 n. 2548; id sez. V, 28 settembre 2015 n. 4511; id. sez. III, 15 gennaio 2014 n. 123; id. sez. V, 27 novembre 2018, n. 6726).
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Il motivo deve essere pertanto accolto, avendo il legale rappresentante xxx omesso di dichiarare tale vicenda penale “sub iudice” rendendo così una dichiarazione non veritiera o comunque gravemente incompleta, dal momento che da un punto di vista strutturale, anche l’omessa dichiarazione può concretare un’ipotesi di dichiarazione non veritiera laddove la mancata dichiarazione, in virtù della consapevolezza dell’omissione da parte del soggetto tenuto a renderla, sia idonea ad indurre in errore la stazione appaltante circa il possesso, da parte del dichiarante medesimo, dei requisiti di ordine generale di cui all’art. 38 comma 1 del medesimo decreto o, comunque, a precluderle una rappresentazione genuina e completa della realtà (Consiglio di Stato sez. V, 27 dicembre 2018, n.7271; T.A.R. Campania Napoli sez. VIII, 18 giugno 2018 n. 4015) sanzionata anche dall’art. 75 d.P.R. 445/2000 pacificamente applicabile in “subiecta materia” (ex multis Consiglio di Stato, sez. V , 15 marzo 2017, n. 1172) a prescindere da ogni valutazione circa la colpa del dichiarante, comportando “ipso iure” la decadenza dei benefici ottenuti con la dichiarazione id est l’ammissione alla gara. Anche poi a non voler ricomprendere nelle dichiarazioni non veritiere le omissioni (Consiglio di Stato, sez. V, 12 aprile 2019, n. 2407; id. sez.V, 30 dicembre 2019, n. 8906; id., 22 luglio 2019, n. 5171; id. 28 ottobre 2019, n. 7387) la dichiarazione sarebbe comunque gravemente incompleta in violazione dell’esaminato principio di necessaria completezza della dichiarazione anche sulle irregolarità rilevanti in merito all’art. 80 c. 5 lett. c).
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Il secondo motivo va dunque accolto, ai fini del necessario esame da parte della stazione appaltante, in contraddittorio, della posizione dell’aggiudicataria, alla luce della fattispecie sussumibile nel “grave illecito professionale” non dichiarata in sede di gara.
Trattandosi infatti di dichiarazione carente e non falsa – secondo la distinzione tracciata in subiecta materia dalla più recente giurisprudenza (così Consiglio di Stato sez. V 12 aprile 2019, n. 2407; id. V, 30 dicembre 2019, n. 8906; id., 22 luglio 2019, n. 5171; id. 28 ottobre 2019, n. 7387) – non ricorre una fattispecie di esclusione di tipo automatico, bensì rimessa all’apprezzamento discrezionale della stazione appaltante, che dovrà valutare il disvalore della condotta ai sensi del citato comma 5 lett. c) nell’ottica dell’affidabilità del concorrente (ancora Consiglio di Stato sez. V 12 aprile 2019, n. 2407; id. V, 30 dicembre 2019, n. 8906; id., 22 luglio 2019, n. 5171; id. 28 ottobre 2019, n. 7387).
Il ricorso principale viene dunque in parte accolto . Viene annullata l’aggiudicazione ai fini del riesame della posizione dell’aggiudicataria da parte della stazione appaltante.
A cura di giurisprudenzappalti.it del 15/01/2020 – autore Roberto Donati
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