L’art. 32, comma 8, del D.Lgs. n. 50/2016 si applica quando il contratto che l’amministrazione rifiuta di stipulare è quello scaturito dalla procedura di gara
Revoca dell’aggiudicazione per mancata sottoscrizione del contratto.
Secondo la ricorrente la mancata stipula del contratto è addebitabile esclusivamente all’amministrazione per una serie di circostanze, ossia per carenze originarie del progetto che hanno imposto una rinegoziazione delle condizioni contrattuali con l’introduzione di varianti di estremo rilievo. La ricorrente aveva fornito massima disponibilità per giungere ad una soluzione condivisa senza avvalersi della facoltà di svincolarsi dalla propria offerta per causa imputabile all’amministrazione, ma l’amministrazione non ha accolto questa disponibilità.
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SCARICA GRATIS LA GUIDATar Marche, Sez. I, 19/10/2023, n. 644 respinge il ricorso:
Sul punto il Collegio ritiene di dover fare applicazione dei principi recentemente affermati dal Consiglio di Stato su un caso che presenta notevoli analogie (cfr. Sez. V, 5991/2022 cit.).
Va innanzitutto premesso che l’infruttuoso decorso del termine di cui all’art. 32, comma 8, del D.Lgs. n. 50/2016 previsto per la sottoscrizione del contratto di appalto, citato dalla ricorrente, non preclude affatto la possibilità di stipularlo, stante la natura meramente ordinatoria dello stesso.
Quello che è accaduto è invece ben altro e cioè che la ricorrente si è aggiudicata la gara pretendendo poi di stipulare un contratto diverso rispetto a quello scaturito dalla procedura ad evidenza pubblica. Prova di questo atteggiamento è il lungo scambio di corrispondenza intercorso tra le parti (durato quasi due anni), rivelatore di lunghe e defatiganti trattative volte alla stipula di un contratto a contenuto diverso (sia tecnico che economico).
L’art. 32, comma 8, del D.Lgs. n. 50/2016, che la ricorrente richiama a sostegno delle proprie ragioni, è una disposizione che si applica quando il contratto che l’amministrazione rifiuta di stipulare è quello scaturito dalla procedura di gara, non quello che l’operatore economico pretende di stipulare dopo le modifiche cui aspira.
La ripetuta manifestazione di volontà di addivenire alla stipula con condizioni contrattuali frutto di rinegoziazione tra le parti è del tutto incompatibile con quella di sciogliersi dal vincolo contrattuale, con inesorabile inapplicabilità del più volte richiamato art. 32, comma 8, che, nella fattispecie, è del tutto inconferente.
Se il progetto era carente fin dall’origine, allora la ricorrente non avrebbe dovuto partecipare alla gara: se ha partecipato e formulato la propria offerta previo sopralluogo (come ha fatto l’altra impresa poi risultata seconda in graduatoria), significa che il progetto, in quel momento, era chiaro e sufficiente e che l’offerta era considerata sostenibile e remunerativa.
Se poi l’aggiudicataria ha aderito alle richieste di rinegoziazione avanzate dalla stazione appaltante, questo significa che ella non aveva più interesse ad eseguire il contratto originario, ma aveva invece interesse ad eseguirne un altro ad altre condizioni tecniche ed economiche, peraltro fuori da una procedura concorrenziale.
Il comportamento della ricorrente si è quindi risolto in un evidente rifiuto di sottoscrivere il contratto in termini congruenti con l’offerta presentata in sede di gara, oltre al rifiuto di accogliere le modifiche proposte dall’amministrazione come dimostra l’infruttuoso decorso di ben due anni di trattative; in sostanza si era giunti a un punto di stallo.
La revoca dell’aggiudicazione era quindi inevitabile poiché pare verosimile che la vicenda non si sarebbe sbloccata o comunque non si sarebbe bloccata in tempi ragionevoli per le esigenze della stazione appaltante (che infatti ha immediatamente interpellato la seconda classificata e, al rifiuto di questa, ha subito avviato una nuova procedura giunta questa volta a buon fine con altra impresa).
5. Il ricorso va quindi respinto.
A cura di giurisprudenzappalti.it del 19/10/2023 di Roberto Donati
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