Periodo rilevante per gli illeciti professionali e oneri comunicativi in capo agli OE nel nuovo Codice

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Un OE è escluso dalla stazione appaltante con la seguente motivazione: “l’esclusione dell’impresa -OMISSIS-in forza dell’art. 95, comma 1, lett e) del D. Lgs. 36/2023 (Codice dei Contratti): “e) che l’offerente abbia commesso un illecito professionale grave, tale da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità, dimostrato dalla stazione appaltante con mezzi adeguati. All’articolo 98 sono indicati, in modo tassativo, i gravi illeciti professionali, nonché i mezzi adeguati a dimostrare i medesimi.” La dimostrazione dell’illecito professionale si basa si quanto segue. 1) art. 98, comma 3, lett. g): “3. L’illecito professionale si può desumere al verificarsi di almeno uno dei seguenti elementi: …g) contestata commissione da parte dell’operatore economico, ovvero dei soggetti di cui al comma 3 dell’articolo 94 di taluno dei reati consumati o tentati di cui al comma 1 del medesimo articolo 94”; 2) art. 94, comma 1: “b) delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322, 322-bis, 346-bis, 353, 353-bis, 354, 355 e 356 del codice penale nonché all’articolo 2635 del codice civile;”. 3) art. 94, comma 3: “L’esclusione di cui ai commi 1 e 2 è disposta se la sentenza o il decreto oppure la misura interdittiva ivi indicati sono stati emessi nei confronti: dell’operatore economico ai sensi e nei termini di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231… g) del direttore tecnico o del socio unico;” Inoltre, ai sensi dell’art. 98, comma 6, lettera g) “g) quanto alla lettera g), gli atti di cui all’articolo 407-bis, comma 1, del codice di procedura penale, il decreto che dispone il giudizio ai sensi dell’articolo 429 del codice di procedura penale, o eventuali provvedimenti cautelari reali o personali emessi dal giudice penale, la sentenza di condanna non definitiva, il decreto penale di condanna non irrevocabile, la sentenza non irrevocabile di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale” ricorrono tutte le seguenti condizioni di cui al comma 2 del medesimo articolo. Pertanto, in forza della-OMISSIS-, emessa in data 03/05/2021, di condanna per reato ex art. 318 c.p. nell’ambito del procedimento penale-OMISSIS-, pendente avanti al Tribunale di Palermo, ai sensi di quanto su esposto si ritiene che l’offerente abbia commesso un illecito professionale grave, tale da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità, e, conseguentemente, l’impresa -OMISSIS- viene esclusa dalla RdO in essere”.

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Al fine di lumeggiare rispetto alla legittimità dell’esclusione T.A.R. Sicilia, Catania, II, 06 maggio 2024, n. 1679 ritiene:

  • non contestato in giudizio il fatto che il socio unico dell’impresa ricorrente sia stato attinto da misura cautelare personale in data 10 agosto 2020 e che tale fatto sia rilevabile dalla sentenza di condanna non definitiva resa in data 3 maggio 2021 nell’ambito del medesimo procedimento penale per il reato di cui all’art. 318 c.p..
  • che l’esclusione della società, odierna ricorrente, è stata disposta a causa del ritenuto grave illecito professionale derivato dalla commissione del reato accertato con la predetta sentenza non definitiva, e, dunque, al ricorrere della causa di esclusione non automatica di cui all’art. 95, comma 1, lett. (“illecito professionale grave, tale da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità, dimostrato dalla stazione appaltante con mezzi adeguati”) e all’art. 98, comma 3, lett. (“contestata commissione da parte dell’operatore economico, ovvero dei soggetti di cui al comma 3 dell’articolo 94 di taluno dei reati consumati o tentati di cui al comma 1 del medesimo articolo 94”), comprovato a norma dell’art. 98, comma 6, lett. g, -OMISSIS-, ossia mediante sentenza di condanna non definitiva.

Ai sensi del comma 7 dell’art. 98, la stazione appaltante valuta i provvedimenti giurisdizionali di cui al comma 6 “motivando sulla ritenuta idoneità dei medesimi a incidere sull’affidabilità e sull’integrità dell’offerente; l’eventuale impugnazione dei medesimi è considerata nell’ambito della valutazione volta a verificare la sussistenza della causa escludente”.

Dopo un’ampia analisi della relazione illustrativa, il Collegio ritiene che “il nuovo Codice dei contratti pubblici, affrontando questioni lasciate irrisolte dal precedente testo normativo, ha fissato le decorrenze iniziali del termine triennale (quest’ultimo così determinato in conformità al paragrafo 7 dell’art. 57 della direttiva europea n. 24/2014) per le cause non automatiche di esclusione“.

Più nello specifico il Collegio ritiene che:

  • “secondo l’interpretazione evincibile dal chiaro tenore letterale dell’art. 96, comma 10, lett. c, n. 1, confortata dalla relazione esplicativa del Consiglio di Stato sullo schema di provvedimento, in caso di sentenza di condanna non definitiva per un reato di cui al comma 1 dell’articolo 94, la causa di esclusione (non automatica) ex art. 95 rileva per un triennio decorrente dalla data di rinvio a giudizio (o di altro atto con il quale è stata esercitata l’azione penale), ovvero dalla data della misura cautelare applicata, se antecedente all’esercizio dell’azione penale.
  • l’impugnazione di tali provvedimenti giudiziari così come la successiva evoluzione (in senso confermativo del fumus commissi delicti) del procedimento penale, con l’emanazione della sentenza di condanna non definitiva, non hanno l’effetto di determinare uno slittamento del dies a quo di decorrenza del termine triennale, restando, altrimenti, vanificata la ratio dell’introduzione di un termine fisso, e, dunque, “l’esigenza di “unicità” e “immodificabilità del termine triennale” (cfr. relazione del Consiglio di Stato, cit.) di rilevanza dell’illecito penale ai fini della partecipazione alla gara pubblica.
  • nel caso di specie, la possibile causa di esclusione rappresentata dalla commissione del delitto di cui all’art. 318 c.p., accertata in sede penale con sentenza non ancora passata in giudicato, non può assumere rilevanza ai fini della partecipazione della ricorrente alla procedura competitiva, essendo decorso un periodo superiore a tre anni dal momento dell’applicazione della misura cautelare personale (circostanza non contestata)”.

Sotto questo ultimo specifico profilo Il Comune resistente ha eccepito che l’omessa comunicazione dell’ordinanza cautelare da parte della ricorrente comporta la sanzione della decorrenza del termine triennale di rilevanza del fatto non già dalla data di adozione dell’atto che applica la misura cautelare bensì dalla data in cui la stazione appaltante ne sia entrata in possesso.

In effetti, il comma 12 dell’art. 96 stabilisce che “L’operatore economico ha l’onere di comunicare immediatamente alla stazione appaltante la sussistenza di taluno dei provvedimenti menzionati ai numeri 1) e 2) della lettera c) del comma 10, ove non menzionati nel proprio fascicolo virtuale. Se contravviene all’onere di comunicazione il triennio inizia a decorrere dalla data in cui la stazione appaltante ha acquisito taluno di detti provvedimenti”.

Tuttavia il Collegio ha ritenuto che “la norma ha inteso più propriamente riferire la sanzione dello spostamento della decorrenza del triennio all’omessa comunicazione dei provvedimenti giurisdizionali costituenti prova dell’illecito professionale (quali sono quelli elencati all’art. 98, comma 6, lettera g, tra cui anche la sentenza non definitiva di condanna).

Poiché la ricorrente ha puntualmente dichiarato in sede di partecipazione alla gara l’esistenza della sentenza di condanna, quale ultimo atto emesso nell’ambito di quel procedimento penale (avviato con la convalida dell’arresto in flagranza di reato e l’applicazione di misura cautelare personale), non sussiste, ad avviso del Collegio, l’omissione dichiarativa che giustifica la sanzione dello slittamento del termine triennale.

Nondimeno, l’omessa comunicazione (anche) del provvedimento cautelare dal quale far decorrere il termine triennale di cui all’art. 96, comma 10, lett. c, n. 1, rende scusabile l’errore in cui è incorsa l’Amministrazione, integrando una giusta causa di compensazione delle spese processuali.

Ne deriva la fondatezza del primo motivo di ricorso, restando assorbite le ulteriori censure“.

A cura di giurisprudenzappalti.it del 06/05/2024 di Elvis Cavalleri

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