La regola della suddivisione in lotti non è assoluta e inderogabile

La ricorrente sostiene che la stazione appaltante avrebbe illegittimamente deciso di non suddividere la gara in esame in lotti, così precludendo l’accesso alla gara alle micro, piccole e medie imprese. Contesta, inoltre la scelta di richiedere un requisito quale il contratto di punta in servizi analoghi nel triennio precedente che sarebbe sproporzionato ed irragionevole in quanto limiterebbe gravemente la partecipazione.

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Tar Lazio, Roma, Sez. III quater, 30/05/2025, n. 10589 respinge il ricorso:
La tesi del ricorrente non è condivisibile.
L’art. 58 del nuovo Codice contratti dispone che: “1. Per garantire la effettiva partecipazione delle micro, delle piccole e delle medie imprese, anche di prossimità, gli appalti sono suddivisi in lotti funzionali, prestazionali o quantitativi in conformità alle categorie o specializzazioni nel settore dei lavori, servizi e forniture. 2. Nel bando o nell’avviso di indizione della gara le stazioni appaltanti motivano la mancata suddivisione dell’appalto in lotti tenendo conto dei princìpi europei sulla promozione di condizioni di concorrenza paritarie per le piccole e medie imprese. Nel caso di suddivisione in lotti, il relativo valore deve essere adeguato in modo da garantire l’effettiva possibilità di partecipazione da parte delle microimprese, piccole e medie imprese”.
Il Consiglio di Stato ha affermato che: “L’istituto della suddivisione in lotti di cui all’art. 51 D.Lgs. n. 50 del 2016, rispetto al quale l’art. 58 del D.Lgs. n. 36 del 2023 si pone in linea di sostanziale continuità, chiarisce che rispetto all’interesse al risultato che l’amministrazione si propone di soddisfare attraverso il contratto, la suddivisione in lotti ha una funzione meramente proconcorrenziale: non soltanto estranea all’interesse predetto, ma anzi con esso potenzialmente confliggente. Il valore o interesse antagonista, rispetto al favor per le piccole e medie imprese che induce alla suddivisione, è dato sia dalle esigenze connesse alla funzionalità organizzativa (e, in genere, alla funzionalità della prestazione contrattuale rispetto all’interesse pubblico ad essa sotteso), sia dalla convenienza economica per la stazione appaltante, normalmente favorita dalla soluzione “aggregante”” (ex multis: C. di St. n. 8171/2024, conferma con diversa motivazione T.A.R. Veneto, n. 417/2024, n. 419/2024 e n. 418/2024).
Ancora è stato precisato che: “Legittimamente l’appalto è articolato in un lotto unico qualora una eventuale suddivisione in lotti renda l’esecuzione della prestazione più complessa dal punto di vista realizzativo per la necessità di coordinare più operatori economici e di conseguenza anche economicamente più onerosa, aggravandone altresì la fase di contabilizzazione da parte della committente; la decisione di deroga al principio della suddivisione in lotti è espressione di una discrezionalità tecnica che può essere sindacata soltanto quando si pone in contrasto con il principio di ragionevolezza” (cfr. C. di St. n. 7399/2024).
Facendo applicazione delle norme e dei principi appena esposti alla fattispecie in esame è possibile affermare che:
– la regola della suddivisone in lotti non è assoluta e inderogabile;
– le motivazioni addotte dall’Amministrazione negli atti impugnati, oltre ad apparire logiche e ragionevoli, giustificano pienamente la scelta di indire la gara a lotto unico. Segnatamente, la Stazione appaltante ha evidenziato: il “rilevante risparmio di spesa per approvvigionamento energetico derivante dalla fornitura proveniente dal medesimo operatore economico”, la necessità di garantire “l’uniformità nella gestione del servizio di gestione calore, che si ritiene debba essere centralizzato per ottenere maggiori vantaggi in ordine all’efficienza della gestione e ridurre sprechi e inefficienze” nonché “l’uniformità nella gestione del servizio di manutenzione, l’unitaria gestione del servizio antincendio e sicurezza e l’unitaria gestione del servizio antilegionella”, l’ottimizzazione dei controlli, un maggior efficientamento di tutte le strutture, un rilevante risparmio di spesa;
– i requisiti sono legittimi e proporzionati al valore complessivo dell’appalto;
– del pari la richiesta di un contratto di punta di Euro 20.000.000,00 si palesa legittima e proporzionata, essendo inferiore ad un terzo dell’importo annuale del contratto oggetto della procedura di gara.
Per le ragioni appena esposte, le prime due censure non possono trovare accoglimento.
A cura di giurisprudenzappalti.it del 30/05/2025 di Roberto Donati

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