Illeciti professionali: il termine triennale decorre, per i reati, al momento dell’esercizio dell’azione penale o dell’adozione di misure cautelari personali o reali
Sebbene riferita all’articolo 80 del D.lgs 50/2016, la sentenza del Consiglio di Stato è significativa perché mette in relazione il vecchio ed il “nuovo” Codice con riferimento alle cause di esclusione per gravi illeciti professionali (attuale articolo 96 comma 10).
Stabilendo, sulla base della Relazione al D. lgs 36/2023 (che assume, ad avviso del collegio, una valenza anche ai fini interpretativi dell’art. 80 comma 10- bis del d.lgs. 50 del 2016), che prevede come il triennio di esclusione debba essere ancorato, nell’ipotesi di commissione di illeciti penali non accertati con sentenza definitiva, non al fatto storico ma, o all’esercizio dell’azione penale, oppure, se antecedente, all’ordinanza di adozione di misure cautelari personali o reali, ovvero a provvedimenti che fanno emergere per primi il carattere di disvalore della condotta, connotandola in senso giuridico come in grado di assurgere a grave illecito professionale, suscettibile di essere valutato dalla stazione appaltante.
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SCARICA GRATIS LA GUIDAQuesto quanto definito da Consiglio di Stato, Sez. V, 13/01/2025, n. 167:
15.4.3. Trasponendo tali coordinate ermeneutiche alle condotte integranti fatti di reato, oggetto di procedimento penale, il momento a quo, finalizzato a dare rilevanza giuridica al medesimo fatto di reato, anche in termini di conoscenza o conoscibilità da parte della stazione appaltante, non può che essere fatto coincidere con l’esercizio dell’azione penale, momento in cui il soggetto assume la qualità di imputato, ex art. 60 c.p.p., riscontrabile anche dal certificato dei carichi pendenti acquisibile dalla P.A.
Nell’ipotesi di specie, dal certificato dei carichi pendenti prodotto in atti, risulta che la richiesta di rinvio a giudizio è stata formulata in data 4 marzo 2022, quindi ampiamente entro l’arco temporale del triennio rispetto alla data di scadenza del termine per la partecipazione alla procedura de qua, (giugno 2023), secondo quanto evidenziato nel gravato provvedimento e nella sentenza di prime cure.
15.4.4. Peraltro, dando rilevanza a fatti processuali anteriori alla richiesta di rinvio a giudizio, il dies a quo per il decorso del triennio può essere fatto retroagire, ove anteriore, durante il periodo di svolgimento delle indagini preliminari, al momento dell’adozione di misure cautelari personali o reali, fermo restando l’obbligo dell’operatore economico di informare al riguardo la stazione appaltante, nei termini innanzi evidenziati.
Anche avendo riguardo a tale decorrenza il termine triennale a quo non può intendersi decorso (cfr., quanto al decreto più risalente, il decreto di sequestro preventivo del 30 luglio 2020).
15.5. In tali termini, come innanzi precisato, si è espressa la commissione costituita presso il Consiglio di Stato, incaricata della redazione del nuovo codice dei contratti pubblici, ai sensi dell’art. 1, quarto comma della legge di delega, n. 78 del 2022, cui hanno preso parte numerosi consiglieri di Stato.
15.6. La Relazione al codice – la cui redazione è stata curata dalla medesima commissione – riferita al comma 10 dell’art. 96, relativo del pari al decorso del triennio, assume infatti, ad avviso del collegio, una valenza anche ai fini interpretativi dell’art. 80 comma 10- bis del d.lgs. 50 del 2016, stante il contrasto giurisprudenziale sul punto e conferma la correttezza sul punto del decisum di prime cure, dovendo il triennio essere ancorato, nell’ipotesi di commissione di illeciti penali non accertati con sentenza definitiva, non al fatto storico ma, o all’esercizio dell’azione penale, oppure, se antecedente, all’ordinanza di adozione di misure cautelari personali o reali, ovvero a provvedimenti che fanno emergere per primi il carattere di disvalore della condotta, connotandola in senso giuridico come in grado di assurgere a grave illecito professionale, suscettibile di essere valutato dalla stazione appaltante.
15.6.1. Infatti come chiarito nell’indicata Relazione “In particolare, quanto a quelle enucleanti la possibile commissione di un grave illecito professionale discendente da fatto di reato, si è stabilito che:
a) per le ipotesi di grave illecito professionale discendenti dalla (asserita) commissione di un fatto penalmente rilevante, l’inizio della decorrenza del periodo triennale coincida con il provvedimento del pubblico ministero di esercizio dell’azione penale (art. 405, comma 1, c.p.p.) ovvero, ove a questo cronologicamente antecedente, con la data della emissione di una misura cautelare di natura personale (artt. 281-286 c.p.p.; artt. 288-290 c.p.p.) o reale (art. 321 c.p.p.,);
b) le ragioni di tale scelta espressa al comma 10, lett. c), n. 1 dell’art. 96 riposano in una quadruplice considerazione:
I) laddove la possibile sussistenza di una causa di esclusione coincida con un fatto di rilievo penale tra quelli annoverati nel comma 1 dell’art. 94 “doppiato” dal comma 4, lett. g), dell’art. 98, ovvero ai sensi dell’ art. 98 comma 4 lett. h), sembra corretto prevedere che il minimum ontologico valutabile dalla stazione appaltante non possa prescindere da un atto giudiziale che abbia ritenuto che la notitia criminis sia insuscettibile di immediata archiviazione o che, (anche in un momento precedente rispetto a tale valutazione) ricorra una consistenza indiziaria grave precisa e concordante (art. 273 c.p.p.) tale da aver condotto all’emissione di una misura cautelare personale, restrittiva o interdittiva, ovvero, quantomeno, sussista un consistente fumus tale da aver condotto alla emissione della misura cautelare reale ex art. 321 c.p.p. (Cassazione penale, sez. VI, 23 novembre 2017, n. 18183);
II) in occasione della emissione di tali atti ha luogo la discovery delle fonti di prova che – seppur non integrale, ciò dipendendo dalle scelte investigative poste in essere dall’organo d’accusa (arg. ex art. 291, comma 1, c.p.p.; cfr. Cassazione penale, sez. I, 14 settembre 2016, n. 46228) – fa sì che il soggetto destinatario del provvedimento venga reso edotto del materiale probatorio sul quale detti atti si fondano: ciò implica che detto materiale probatorio non sia più coperto da segreto, e che il soggetto nel cui interesse viene bandita la gara (art. 98, comma 2) possa valutarlo nell’ambito della propria discrezionalità;
III) per altro verso, laddove prima dell’emissione di tali atti venisse divulgata la notizia della pendenza di un procedimento penale a carico di taluno per dette fattispecie di reato, il soggetto nel cui interesse viene bandita la gara non potrebbe in alcun modo accedere agli atti di indagine (art. 329 c.p.p.) e, pertanto, in alcun modo potrebbe esercitare la propria responsabile discrezionalità valutativa; in carenza dell’avvenuto esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero ovvero, laddove antecedente, dell’emissione di una misura cautelare personale, restrittiva o interdittiva ovvero di una misura cautelare reale (art. 321 c.p.p.), nessun fatto ( ad es articoli giornalistici, trasmissioni televisive, ecc.) è suscettibile di valutazione al fine di ritenere la sussistenza di un grave illecito professionale: tali fatti, quindi, possono rilevare quale veicolo di conoscenza pubblica di un provvedimento reso dal pubblico ministero o dal Giudice, che, in quanto esistente, ed in quanto comportante una totale o parziale “discovery” delle fonti d’accusa, costituirà (unitamente agli atti ad esso sottesi) l’unico elemento valutabile dall’ amministrazione;
IV) si rammenta, peraltro, in proposito, il disposto dell’art. 129 disp. att. c.p.p. (recante “Informazioni sul procedimento penale”) che, nell’ultima parte del comma terzo aggiuntovi dall’ art. 7 della l. 27 maggio 2015, n. 69, così dispone “Quando esercita l’azione penale per i delitti di cui agli articoli 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322, 322-bis, 346-bis, 353 e 353-bis del codice penale, il pubblico ministero informa il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, dando notizia dell’imputazione”: il testo proposto sembra coerente anche con tale ultima disposizione;
c) tale opzione si pone nel solco di una giurisprudenza condivisibile (ancora di recente: Consiglio di Stato, sez. IV, 7 ottobre 2022, n. 8611 e Corte di giustizia, sez. IV, 24 ottobre 2018, in causa C-124/2017) rapportata al paragrafo 7 dell’art. 57 della direttiva (“se il periodo di esclusione non è stato fissato con sentenza definitiva, tale periodo non supera i cinque anni dalla data della condanna con sentenza definitiva nei casi di cui al paragrafo 1 e i tre anni dalla data del fatto in questione nei casi di cui al paragrafo 4”) e sembra giustificata, nel caso in esame, laddove si consideri che la tempistica processuale italiana assai spesso non consente di pervenire ad una condanna definitiva entro tre anni dalla commissione del fatto. In simile ipotesi, prevedere che il dies a quo della causa escludente decorra dalla commissione del fatto condurrebbe ad una irrilevanza de facto di condotte gravi; ad esempio, nei casi corrispondenti a quelli contemplati dal comma 1 dell’art. 94 che comportano esclusione automatica (laddove sono annoverati reati molto gravi) sarebbe di fatto impossibile valutare medio tempore la fattispecie come causa non obbligatoria di esclusione ove la decorrenza del periodo triennale fosse coincidente con la commissione del fatto penalmente rilevante.
d) a tale proposito, si rammenta che l’ANAC, nel proprio Atto di segnalazione n. 3 del 27 luglio 2022 (delibera n. 370 del 27 luglio 2022) ai capi 2.1. e 2.2.5. e 2.2.6. aveva proprio segnalato la necessità di un chiarimento su tale delicata questione;
e) va da sé che, laddove taluno di detti provvedimenti abbia trovato successiva smentita processuale (ad esempio, a fronte delle richiesta ex art. 416 c.p.p. il Gup non emetta il decreto ex art. 429 c.p.p., ma disponga il proscioglimento ex art. 425 c.p.p., ovvero nelle altre ipotesi di esercizio dell’azione penale sopravvenga una sentenza di assoluzione, oppure la misura cautelare personale o reale disposta dal Gip sia stata successivamente revocata od annullata a causa dell’originaria assenza o del sopravvenuto venir meno del quadro indiziario) viene meno il “fatto valutabile” in chiave di giudizio sulla possibile sussistenza di un grave illecito professionale;
f) gli atti di cui al comma 10, lett. c), n. 1 “segnano” la decorrenza iniziale del triennio valutabile ai fini della possibile esclusione; la decorrenza è unica per ciascuna gara ed in relazione alla valutazione resa da ciascun soggetto nel cui interesse è bandita la gara (cfr. comma 7, lett. g) ed h) dell’art. 98 disciplinante l’illecito professionale); salvo quanto si è detto appena in precedenza, nel fluire del procedimento (e poi eventualmente del processo) penale, possono sopravvenire ulteriori atti (ad esempio una sentenza di condanna non definitiva); in tali casi la decorrenza del triennio non muta, ed è sempre fissata con riguardo al “primo” atto (sotto il profilo cronologico) tra quelli indicati al comma 10. lett. c), n. 1 dell’articolo proposto; ciò che muta in questi casi è il compendio dimostrativo che il soggetto nel cui interesse è bandita la gara avrà a disposizione per valutare la fattispecie; ma ciò non incide sulla decorrenza iniziale dell’arco temporale triennale (come peraltro più approfonditamente chiarito nella relazione di accompagnamento all’art. 98 descrittivo dell’illecito professionale)”.
15.7. Alla luce della chiara linea ermeneutica prescelta dalla commissione incaricata della redazione del nuovo codice dei contratti pubblici, che ha aderito in maniera critica ad uno degli orientamenti giurisprudenziali affermatesi in materia e del tutto coerente con la lettera del paragrafo 7 dell’art. 57 della direttiva, come interpretato dalla stessa Corte di giustizia, sez. IV, 24 ottobre 2018, in causa C-124/2017, esplicitando compiutamente le ragioni di tale scelta, ad avviso del collegio non è necessaria la rimessione della questione all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, richiesta da parte appellante.
A cura di giurisprudenzappalti.it del 13/01/2025 di Roberto Donati
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