Il principio di equivalenza è finalizzato ad evitare una irragionevole limitazione del confronto competitivo fra gli operatori economici

Nel respingere il ricorso, il Tar Lazio ricorda come il principio di equivalenza sia finalizzato ad evitare una irragionevole limitazione del confronto competitivo fra gli operatori economici, precludendo l’ammissibilità di offerte aventi oggetto sostanzialmente corrispondente a quello richiesto e tuttavia formalmente privo della specifica prescritta: “le caratteristiche minime stabilite nella documentazione di gara non debbono intendersi come vincolanti nel quomodo, ma soltanto quoad effectum, nel senso che le offerte sono ritenute rispettose della suddetta lex specialis laddove siano, comunque, capaci di conseguire il fine ultimo dell’affidamento (cfr. ex multis, Consiglio di Stato, sez. III: n. 7558 del 30 agosto 2022 e n. 8189 del 6 settembre 2023, n. 8189)” (Cons. Stato, Sez. III, 1.2.2024, n. 1019).

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Questo quanto ricordato da Tar Lazio, Roma, Sez. I bis, 26/02/2025, n. 4221:
Ritiene il Collegio che, se all’Amministrazione si ritenesse imposto, secondo la tesi ricorsuale, di accettare solo ed esclusivamente un prodotto esattamente corrispondente, sotto tutti i parametri ivi descritti, alla caratteristiche tecniche del PAVIROCK indicate nella scheda del prodotto, ciò determinerebbe la sostanziale violazione di quel principio di equivalenza che ha alla sua base fondamentali e non eludibili esigenze di tutela concorrenziale e “par condicio”.
Non a caso si ritiene che il principio trovi applicazione indipendentemente da espressi richiami negli atti di gara, in tutte le fasi della procedura di evidenza pubblica e che la commissione di gara può effettuare la valutazione di equivalenza anche in forma implicita, ove dalla documentazione tecnica sia desumibile la rispondenza del prodotto al requisito previsto dalla lex specialis (ex multis: T.A.R. Sicilia, sez. I, 27 giugno 2024, n. 2083; Cons. St., sez. V, 15 febbraio 2024, n. 1545; T.A.R., Marche, sez. II, 4 marzo 2024, n. 207).
La Stazione appaltante ha quindi legittimamente valutato la conformità dell’offerta, non tanto in senso formale, quanto piuttosto in senso sostanziale, dovendo verificare, sulla base di quanto contenuto negli atti di gara, se il prodotto offerto dalla società aggiudicataria fosse funzionalmente rispondente alle esigenze dell’Amministrazione, secondo il principio di equivalenza, vigente negli appalti pubblici, il quale sottende una valutazione di omogeneità funzionale tra soluzioni, prodotti o dispositivi tecnici, riscontrabile ogni qual volta questi siano in grado di assolvere, in modo sostanzialmente analogo, alla finalità di impiego loro assegnata, come accaduto nella fattispecie (ex multis, TAR Puglia, Bari, III, 2 ottobre 2024, n. 1032; T.A.R. Liguria, sez. I, 11 ottobre 2023, n. 853; T.A.R. Sicilia, sez. I, 27 luglio 2023, n. 2506; T.A.R. Lazio, sez. III, 20 giugno 2023, n. 10468 e 6 giugno 2023, n. 9488; T.A.R. Campania, sez. V, 3 febbraio 2023, n. 792).
In sede di gara pubblica il principio di equivalenza trova il proprio limite nella difformità del bene o del servizio, rispetto a quello descritto dalla lex specialis, ovvero quando venga a configurarsi una ipotesi di aliud pro alio non rimediabile (ex pluris: Cons. St., sez. IV, 4 dicembre 2023, n. 10471).
A cura di giurisprudenzappalti.it del 26/02/2025 di Roberto Donati

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