FOCUS: “Avvalimento e certificazione di parità di genere: legittimità dell’avvalimento premiale alla luce della UNI/PdR 125.2022”

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Premessa

La sentenza del T.A.R. Toscana, Sez. I, 1026/2025, affronta una questione inedita e di sicura rilevanza sistematica: la possibilità che la certificazione di parità di genere UNI/PdR 125:2022 possa costituire oggetto di avvalimento premiale, ai sensi dell’art. 104 del D.Lgs. n. 36/2023.

Il ricorso proposto mirava, in via principale, a far dichiarare l’inammissibilità in radice di tale forma di avvalimento, qualificandola come “incompatibile” con la natura soggettiva della certificazione.

Il Collegio ha rigettato integralmente il ricorso, delineando un’interpretazione coerente con i principi euro-unitari e con l’evoluzione normativa del nuovo Codice.

Il contesto normativo: certificazione di parità e avvalimento

L’art. 108, comma 7, del Codice dei contratti pubblici promuove la parità di genere attraverso l’attribuzione di punteggio premiale alle imprese dotate della certificazione ai sensi dell’art. 46-bis del D.Lgs. n. 198/2006, disciplinata nel dettaglio dal D.P.C.M. 29 aprile 2022 e dalla prassi UNI/PdR 125:2022.

Dall’altra parte, l’art. 104 del D.Lgs. n. 36/2023 ha riformulato in modo organico la disciplina dell’avvalimento, superando le rigidità interpretative della giurisprudenza formatasi sotto il D.Lgs. n. 50/2016. In particolare, il nuovo Codice riconosce espressamente la legittimità dell’avvalimento premiale puro, anche in assenza di carenze nei requisiti di partecipazione, purché siano effettivamente messe a disposizione risorse concrete e pertinenti.

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La tesi della ricorrente: incompatibilità ontologica della certificazione con l’avvalimento

La società ricorrente ha sostenuto che la certificazione UNI/PdR 125:2022 sarebbe un’attestazione di una condizione interna, soggettiva e non trasmissibile.

Essa non costituirebbe un “requisito” in senso tecnico, ma solo un mezzo di prova del fatto che l’impresa è già conforme ai criteri della parità di genere. Da ciò la conseguente inammissibilità della sua “messa a disposizione” tramite avvalimento.

Né, secondo la stessa, il contratto di avvalimento oggetto di causa – pur articolato in consulenze, accesso a documentazione e audit – sarebbe idoneo a trasferire l’effettiva conformità alle prassi UNI/PdR 125:2022, soprattutto in ragione della distanza settoriale tra ausiliaria (operante nei servizi socio-educativi) e ausiliata (settore industriale C).

La decisione del T.A.R. Toscana: l’avvalimento premiale è legittimo anche per la parità di genere

Il Collegio respinge con nettezza l’impostazione ricorrente, richiamando innanzitutto l’interpretazione sistematica dell’art. 104, comma 4, che consente l’utilizzo dell’avvalimento anche per ottenere punteggi premiali, a prescindere dal fatto che il requisito sia necessario per la partecipazione.

Le certificazioni come espressione di capacità tecnico-organizzative

Il T.A.R. si allinea all’orientamento del Consiglio di Stato (sent. n. 6271/2021; n. 7370/2021; n. 502/2023), secondo cui anche le certificazioni di qualità (comprese quelle di processo) possono essere oggetto di avvalimento.

Si tratta infatti di strumenti volti a comprovare la capacità tecnica e professionale, ai sensi dell’art. 58, par. 4, della direttiva 2014/24/UE.

La certificazione UNI/PdR 125:2022, come le altre certificazioni di processo, si fonda sulla capacità dell’organizzazione di strutturarsi in modo conforme a standard gestionali. Non è quindi un elemento esclusivamente soggettivo e intrasferibile, ma un risultato dell’organizzazione aziendale, delle sue prassi, delle sue risorse e della sua struttura.

Il contratto di avvalimento in esame: concretezza e idoneità delle risorse messe a disposizione

Nel caso di specie, il contratto di avvalimento prevedeva:

  • la messa a disposizione di servizi di consulenza periodica sul sistema di gestione per la parità di genere;
  • l’accesso integrale alla documentazione e al sistema SGPG certificato UNI/PdR 125:2022;
  • l’esecuzione di audit indipendenti sull’impresa ausiliata per verificarne la conformità.

Secondo il Collegio, tale assetto contrattuale soddisfa i requisiti di concretezza e di effettività richiesti per la validità dell’avvalimento.

La messa a disposizione non si limita alla certificazione in sé, ma riguarda l’intero apparato aziendale che ha reso possibile l’ottenimento della stessa.

L’irrilevanza della differenza settoriale tra ausiliaria e ausiliata

Infine, viene rigettata anche l’ulteriore doglianza circa la diversità di settore di attività tra le due imprese.

La parità di genere è un valore organizzativo trasversale, non settoriale e le Linee guida UNI/PdR 125:2022 già prevedono un sistema di ponderazione dei K.P.I. in base al settore ATECO di appartenenza.

La maggiore presenza femminile nei settori socio-sanitari non inficia la legittimità dell’avvalimento, né altera la funzione inclusiva perseguita dall’incentivo normativo.

Conclusioni

La sentenza in commento rappresenta un’importante conferma del principio di generale ammissibilità dell’avvalimento, anche premiale, in assenza di divieti normativi espressi.

La certificazione di parità di genere, lungi dall’essere una qualità personale intrasmissibile, è piuttosto l’esito di un sistema organizzativo formalizzabile e replicabile, che può essere messo a disposizione attraverso un contratto efficace e trasparente.

Si tratta di un passo coerente con l’obiettivo del legislatore del 2023 di valorizzare l’autonomia contrattuale tra operatori economici e di promuovere, con strumenti effettivi e inclusivi, l’attuazione dei principi costituzionali di eguaglianza e pari opportunità, anche nel mercato pubblico.

A cura della Redazione di TuttoGare PA del 25/06/2025

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