Divieto di intestazione fiduciaria: la stazione appaltante deve conoscere chi è il reale soggetto contraente
La dichiarazione avente ad oggetto la mera indicazione delle quote percentuali detenute da altre società di capitali, la cui composizione non sia precisata, non è documento coerente con le finalità di prevenzione e di lotta volute dal legislatore antimafia; solo l’effettiva trasparenza, realizzata attraverso la esplicitazione della composizione azionaria delle società aggiudicatarie, intesa quale indicazione delle persone fisiche titolari delle quote, integra il mezzo prescelto dalla legge (art. 17 comma 3 l. 19 marzo 1990 n. 55) per realizzare gli obiettivi prefissati senza che rilevi al riguardo che l’art. 1 d.P.C.M. 11 maggio 1991 n. 187, nel dettare le disposizioni regolamentari per il “controllo sulle composizioni azionarie dei soggetti aggiudicatari di opere pubbliche, ivi compresi i concessionari, e sui relativi mutamenti societari” usi la diversa locuzione “composizioni societarie”. Questo stabiliva Corte dei Conti, Sez. contr., 22/06/1993, n. 101.
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SCARICA GRATIS LA GUIDAEvidenziando il principio per cui per cui la stazione appaltante deve conoscere chi è il reale soggetto contraente.
Il principio viene ribadito da Tar Lazio, Roma, Sez. IV, 16/02/2024, n. 3195:
7.4. Ai fini dello scrutinio del ricorso, ed in particolare del suo primo motivo, che riveste carattere preliminare, occorre richiamare il contenuto della previsione di cui all’art. 80, co. 5, lett. h) del d.lgs. n. 50 del 2016:
“Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni, qualora: (…) (lettera h) l’operatore economico abbia violato il divieto di intestazione fiduciaria di cui all’articolo 17 della legge 19 marzo 1990, n. 55. L’esclusione ha durata di un anno decorrente dall’accertamento definitivo della violazione e va comunque disposta se la violazione non è stata rimossa”.
L’articolo 17 della legge 19 marzo 1990, n. 55, a sua volta, a fini di interesse, prevede che sono “vietate intestazioni ad interposte persone, di cui deve essere comunque prevista la cessazione entro un termine predeterminato, salvo le intestazioni a società fiduciarie autorizzate ai sensi della legge 23 novembre 1939, n. 1966, a condizione che queste ultime provvedano, entro trenta giorni dalla richiesta effettuata dai soggetti aggiudicatari, a comunicare alle amministrazioni interessate l’identità dei fiducianti”.
La ratio del citato art. 17 è quella di consentire alla stazione appaltante la piena cognizione dell’effettiva identità dei propri potenziali contraenti, per prevenire il rischio d’infiltrazioni mafiose nell’esecuzione degli appalti pubblici.
Sul punto occorre rimarcare come l’ANAC (già AVCP), con determinazione n. 1 del 16 maggio 2012 – recante “Indicazioni applicative sui requisiti di ordine generale per l’affidamento dei contratti pubblici” – al par. 3, pag. 10, relativamente al “Divieto di intestazione fiduciaria (articolo 38, comma 1, lett. d del D.Lgs. 163/2006)” abbia chiarito come «per “accertamento definitivo della violazione” si intende un accertamento definitivo con provvedimento amministrativo divenuto inoppugnabile». Ciò in linea con il contento del d.p.c.m. 11 maggio 1991, n. 187 recante il “Regolamento per il controllo delle composizioni azionarie dei soggetti aggiudicatari di opere pubbliche e per il divieto delle intestazioni fiduciarie”, il quale prevede che i soggetti legittimati ad esercitare detto controllo siano le stesse amministrazioni aggiudicatrici o concedenti; ne deriva che l’anno di interdizione debba decorrere dal momento in cui diviene inoppugnabile il provvedimento dell’amministrazione aggiudicatrice/committente che ha rilevato la violazione dell’intestazione fiduciaria.
A cura di giurisprudenzappalti.it del 16/02/2024 di Roberto Donati
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