Il subappaltatore non è legittimato ad impugnare il diniego di subappalto

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L’impresa indicata come subappaltatrice ha impugnato il provvedimento della stazione appaltante con il quale è stata respinta l’istanza di autorizzazione al subappalto formulata dalla società appaltatrice.

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Tar Lazio, Roma, Sez. I, 26/07/2023, n. 12656 dichiara inammissibile il ricorso:

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Secondo quanto disposto dall’art. 105, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016, “Il subappalto è il contratto con il quale l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto. Costituisce, comunque, subappalto qualsiasi contratto avente ad oggetto attività ovunque espletate che richiedono l’impiego di manodopera, quali le forniture con posa in opera e i noli a caldo, se singolarmente di importo superiore al 2 per cento dell’importo delle prestazioni affidate o di importo superiore a 100.000 euro e qualora l’incidenza del costo della manodopera e del personale sia superiore al 50 per cento dell’importo del contratto da affidare”; il successivo quarto comma della disposizione stabilisce che “I soggetti affidatari dei contratti di cui al presente codice possono affidare in subappalto le opere o i lavori, i servizi o le forniture compresi nel contratto, previa autorizzazione della stazione appaltante purché:
(…)
b) il subappaltatore sia qualificato nella relativa categoria e non sussistano a suo carico i motivi di esclusione di cui all’articolo 80; (lettera così modificata dall’articolo 10, comma 1, della legge n. 238 del 2021)
c) all’atto dell’offerta siano stati indicati i lavori o le parti di opere ovvero i servizi e le forniture o parti di servizi e forniture che si intende subappaltare”.
Dall’esame di tali disposizioni si evince che è l’affidatario del contratto che può richiedere all’Amministrazione appaltante l’autorizzazione ad avvalersi del subappaltatore, sicché l’eventuale diniego viene espresso sull’istanza proposta dall’appaltatore.
Sulla base di tale notazione, già nella vigenza del precedente Codice degli appalti (d.lgs. n. 163/2006) la giurisprudenza di questo Tribunale ha ritenuto che il subappaltatore non fosse legittimato ad impugnare il diniego di subappalto, osservando che, poiché ricade “sull’appaltatore la responsabilità dell’eventuale inadempimento (parziale o totale), non può che essere a lui rimessa la decisione, dettata da considerazioni di carattere tecnico-aziendale, di avvalersi di un subappaltatore per lo svolgimento (di parte) delle prestazioni necessarie per garantire l’esatto adempimento del contratto e in ultima analisi il raggiungimento del risultato voluto dalle parti”, e che l’autorizzazione della stazione appaltante “opera pur sempre come rimozione di un limite alla scelta, effettuata dall’appaltatore quale responsabile dell’esecuzione del contratto, di una determinata modalità esecutiva; tanto che il diniego di subappalto, imponendo il reperimento di soluzioni alternative (in caso di non contestazione), potrebbe incidere proprio sulla possibilità dell’esecutore di assicurare l’esatto (e il tempestivo) adempimento delle proprie prestazioni” (Tar Lazio, sez. III ter, 8 settembre 2017, n. 9638).
Alla luce di tali considerazioni deve escludersi che il subappaltatore sia legittimato a impugnare il diniego di autorizzazione al subappalto adottato nei confronti dell’appaltatore, ossia nei confronti del soggetto che con la presentazione della relativa istanza ha palesato il suo interesse diretto, concreto e attuale a ricorrere a questa particolare modalità adempitiva.
L’eventuale interesse del subappaltatore all’esecuzione del subappalto, in tale contesto, costituisce interesse di mero fatto, non azionabile né in sede procedimentale (come risulta dalla disciplina di riferimento) né in sede giurisdizionale.
Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile.

A cura di giurisprudenzappalti.it del 26/07/2023 di Roberto Donati

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