L’articolo 24 comma 7 si applica sia per l’incaricato della progettazione e i suoi collaboratori e dipendenti che per l’affidatario di supporto

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L’articolo 24 comma 7 pone il divieto, espressamente per un verso, per l’incaricato della progettazione e i suoi collaboratori e dipendenti nonché, per altro verso, per l’affidatario dell’attività di supporto, i suoi dipendenti ed anche per i suoi collaboratori.

In effetti, questi ultimi debbono a loro volta qualificarsi quali affidatari, sia pur mediatamente, di un’attività di supporto alla progettazione.

Questo il principio stabilito dal Tar Campania, in riferimento ad una vicenda in cui un raggruppamento viene escluso dalla procedura di affidamento di appalto integrato.

L’esclusione avviene per una situazione di conflitto di interesse, avendo il Direttore Tecnico della mandante partecipato alle fasi di progettazione e predisposizione della documentazione tecnico/economica posta a base di gara, nonché di verifica preventiva del progetto di fattibilità e dei relativi computi metrici estimativi.

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Tar Campania, Napoli, Sez. I, 06/03/2023, n. 1419 respinge il ricorso avverso l’esclusione:

4.- Possono essere trattati congiuntamente il primo e il terzo motivo, accomunati dalle censure con cui le ricorrenti sostengono, sotto diversi aspetti, che nella specie non è configurabile la causa di esclusione di cui all’art. 80, co. 5, lett. d), del d.lgs. n. 50/2016, non versandosi nelle ipotesi prese in considerazione dagli artt. 24, co. 7, e 42, co. 2, d.lgs. citato.

Ciò per le ragioni sopra illustrate, così riassumibili:

– la norma dell’art. 24 non si applica ai collaboratori dei soggetti affidatari di attività di supporto alla progettazione (ma solo ai loro dipendenti);

– la stazione appaltante non ha disciplinato alcuna ulteriore ipotesi di incompatibilità o conflitto di interessi;

– l’estensione del divieto ai collaboratori colliderebbe con la previsione dell’art. 23, co. 12, che consente al redattore della progettazione preliminare di partecipare alla gara, ponendo un’ingiustificata disparità di trattamento e, in tal caso, dovendosi dubitare della sua legittimità costituzionale.

Va ora detto che l’art. 80, co. 5, lett. d), del d.lgs. n. 50/2016 prefigura una causa di esclusione, allorquando “la partecipazione dell’operatore economico determini una situazione di conflitto di interesse ai sensi dell’articolo 42, comma 2, non diversamente risolvibile”.

Quest’ultima norma pone a carico delle stazioni appaltanti l’adozione di misure adeguate volte a prevenire situazioni di conflitto di interesse, per evitare distorsioni della concorrenza (primo comma), ne definisce la nozione e fa riferimento al personale della stazione appaltante o al prestatore di servizi per suo conto (secondo comma), pone altre regole sugli obblighi di comunicazione e astensione del dipendente, sull’estensione della disciplina anche alla fase di esecuzione e sulla vigilanza per il rispetto degli adempimenti prescritti (terzo, quarto e quinto comma).

L’art. 24, co. 7, stabilisce che “gli affidatari di incarichi di progettazione per progetti posti a base di gara non possono essere affidatari degli appalti, nonché degli eventuali subappalti o cottimi, per i quali abbiano svolto la suddetta attività di progettazione (primo inciso).

La stessa norma estende il divieto alle situazioni di controllo e collegamento nonché “ai dipendenti dell’affidatario dell’incarico di progettazione, ai suoi collaboratori nello svolgimento dell’incarico e ai loro dipendenti, nonché agli affidatari di attività di supporto alla progettazione e ai loro dipendenti”.

Chiarisce, infine, che: “Tali divieti non si applicano laddove i soggetti ivi indicati dimostrino che l’esperienza acquisita nell’espletamento degli incarichi di progettazione non è tale da determinare un vantaggio che possa falsare la concorrenza con gli altri operatori”.

4.1. Tanto esposto, va innanzitutto vagliata la censura con cui si afferma che l’art. 24, co. 7, cit. non si riferisce ai collaboratori dell’affidatario di un’attività di (solo) supporto alla progettazione.

L’assunto non può essere condiviso.

La norma pone un generale divieto a carico dei soggetti coinvolti, sia se si tratti di incarico per la progettazione, sia se esso concerni un’attività di supporto.

È pur vero che, solo nel primo caso, la norma fa testuale riferimento ai dipendenti e ai collaboratori dell’incaricato della progettazione, mentre per l’attività di supporto il riferimento è ai soli dipendenti.

Tuttavia, ciò non può valere a escludere dal novero dei soggetti destinatari del divieto il collaboratore dell’incaricato di un’attività di supporto alla progettazione.

È agevole replicare che ciò introdurrebbe una non plausibile differenziazione e potrebbe ingenerare una facile elusione del divieto, bastando introdurre rapporti di collaborazione con gli affidatari di attività di supporto alla progettazione, per escludere situazioni di conflitto di interesse che, oggettivamente considerate, non presentano significativi elementi di differenziazione.

Pertanto, deve ritenersi che la disposizione di legge ponga il divieto, espressamente per un verso, per l’incaricato della progettazione e i suoi collaboratori e dipendenti nonché, per altro verso, per l’affidatario dell’attività di supporto, i suoi dipendenti ed anche per i suoi collaboratori.

In effetti, questi ultimi debbono a loro volta qualificarsi quali affidatari, sia pur mediatamente, di un’attività di supporto alla progettazione.

Pertanto, deve intendersi anche ad essi esteso il divieto di cui trattasi (ancorché la norma non abbia ravvisato la necessità della specificazione, che ha dettato espressamente per i dipendenti).

In altri termini, non è predicabile una lettura riduttiva della norma, che valga a introdurre un solco nella fissazione di un divieto che ha una portata ampia, per l’esigenza a cui assolve.

In tal senso, la giurisprudenza ha già posto in evidenza che la norma va letta estensivamente, essendo posta a presidio di principi ineludibili dell’azione amministrativa (benché riferito a diversa fattispecie, ossia alla locuzione “personale”, contenuta al primo comma dell’art. 42 cit., cfr. Cons. Stato, sez. V, 11/7/2017 n. 3415: “Ritiene il Collegio – considerate anche le finalità generali di presidio della trasparenza e dell’imparzialità dell’azione amministrativa – che bene il primo giudice abbia ritenuto che l’espressione “personale” di cui alla norma in questione vada riferita non solo ai dipendenti in senso stretto (ossia, i lavoratori subordinati) dei soggetti giuridici ivi richiamati, ma anche a quanti, in base ad un valido titolo giuridico (legislativo o contrattuale), siano in grado di validamente impegnare, nei confronti dei terzi, i propri danti causa o comunque rivestano, di fatto o di diritto, un ruolo tale da poterne obiettivamente influenzare l’attività esterna”).

Va da sé che la configurazione di un divieto posto direttamente dalla norma esclude l’ulteriore rilievo di parte ricorrente, secondo cui la mancanza di un’espressa previsione di legge avrebbe necessitato di una specifica disciplina, da parte della stazione appaltante, di ulteriori ipotesi di incompatibilità o conflitto di interessi.

4.2. Quanto al ravvisato contrasto con la previsione dell’art. 23, co. 12, del d.lgs. n. 50/2016 (che consente al redattore della progettazione preliminare di partecipare alla gara), occorre osservare che il rapporto “critico”, che fonda il divieto di partecipare alla gara per l’affidatario dell’incarico di progettazione o di un’attività di supporto (e, come si è visto, per i suoi collaboratori), non si pone se gli incarichi attengono a due livelli di progettazione.

Solo in tal caso, non è affatto esclusa ma anzi favorita la partecipazione del redattore di un precedente livello di progettazione all’elaborazione di quella definitiva, come emerge dall’art. 23, co. 12, cit., poiché lo svolgimento dell’incarico dal medesimo soggetto garantisce omogeneità e coerenza al processo (comma cit.).

Viceversa, allorquando il soggetto abbia cooperato al progetto posto a base di gara, l’incompatibilità ingenera il conflitto di interesse, in quanto non si tratta più di assicurare una linea di continuità tra i livelli di progettazione, bensì di prevenire la lesione alla concorrenza, che produce il vantaggio acquisito dalla conoscenza degli atti progettuali.

Pertanto, attesa l’operatività delle disposizioni in parola in ambiti completamente differenti e non sovrapponibili, non è configurabile alcuna disparità di trattamento e, in ragione di ciò, la prospettata questione di costituzionalità degli artt. 24, co. 7, e 42, co. 2, del d.lgs. n. 50/2016 è manifestamente infondata.

A cura di giurisprudenzappalti.it del 06/03/2023 di Roberto Donati

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