L’anomalia o l’incongruità dell’offerta: la sentenza del CdS
Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 2228 del 12 maggio 2017 si è pronunciato sulla portata del controllo in capo alla stazione appaltante circa il giudizio di anomalia o l'incongruità dell'offerta nell'ambito di gare pubbliche.
I giudici di Palazzo Spada, richiamando un consolidato orientamento giurisprudenziale, hanno affermato che "nelle gare pubbliche il giudizio circa l'anomalia o l'incongruità dell'offerta costituisce espressione di discrezionalità tecnica, sindacabile dal giudice amministrativo solo in caso di macroscopica illogicità o di erroneità fattuale e, quindi, non può essere esteso ad una autonoma verifica della congruità dell'offerta e delle singole voci" (Cons. Stato, Sez. V, 17/11/2016, n. 4755; Sez. III, 6/2/2017, n. 514).
Si legge ancora dalla sentenza: "Il procedimento di verifica dell'anomalia dell'offerta non mira ad individuare specifiche e singole inesattezze nella sua formulazione ma, piuttosto, ad accertare in concreto che la proposta economica risulti nel suo complesso attendibile in relazione alla corretta esecuzione dell'appalto".
Infine il Collegio ha dichiarato che "al di fuori dei casi in cui il margine positivo risulti pari a zero, non è possibile stabilire una soglia minima di utile al di sotto della quale l’offerta deve essere considerata anomala, poiché anche un utile apparentemente modesto può comportare un vantaggio significativo, sia per la prosecuzione in sé dell’attività lavorativa, sia per la qualificazione, la pubblicità, il curriculum derivanti per l’impresa dall’essere aggiudicataria e aver portato a termine un appalto pubblico" (Cons. Stato, Sez. V, 13/2/2017, n. 607 e 25/1/2016, n. 242; Sez. III, 22/1/2016, n. 211 e 10/11/2015, n. 5128).
A cura di giurdanella.it del 18/05/2017
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