FOCUS: “Lo scorporo dei costi della manodopera dalla base d’asta. L’ambiguità sistemica dell’art. 41, comma 14, del Codice appalti tra ribasso diretto e ribasso indiretto: un altro round giurisprudenziale”

Premessa
Nel complesso universo delle gare pubbliche, lo scorporo dei costi della manodopera dalla base d’asta continua ad alimentare incertezza applicativa e conflitto interpretativo.
L’art. 41, comma 14, del D.lgs. 36/2023, lungi dal chiarire la questione, ha introdotto una formula normativa ambigua che ha posto in crisi tanto gli operatori economici quanto le stazioni appaltanti e, come dimostrano le recenti pronunce, anche la giustizia amministrativa.
La disposizione prevede che "i costi della manodopera e della sicurezza sono scorporati dall'importo assoggettato a ribasso".
Ma cosa implica, concretamente, tale previsione? Impone davvero un obbligo di scorporo dalla base d’asta? E ciò significa che il ribasso deve applicarsi solo sulla quota residua dell’importo a base di gara?
Due TAR recenti offrono risposte divergenti, generando un contrasto giurisprudenziale che merita un esame approfondito.

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Il caso TAR Abruzzo, Pescara, I, 10 aprile 2025, n. 146: ribasso indiretto come regola?
La sentenza del TAR Pescara affronta un caso emblematico: una gara con valore complessivo di € 592.348,40, di cui € 549.846,40 riferiti a costi della manodopera. Due le offerte ammesse:
- Alfa: ribasso del 100% sull'importo ribassabile (€ 42.502,00);
- Beta: ribasso del 17% sull'intero importo.
Inizialmente premiata Alfa a cui era stato attribuito un punteggio più elevato, la gara è stata poi aggiudicata a Beta – su eccezione della stessa – in virtù di un'interpretazione della Commissione che ha considerato il ribasso applicabile all'intero importo, compresa la manodopera.
Il TAR ribalta l’esito e accoglie il ricorso di Alfa, affermando la necessità di scorporare i costi della manodopera dall'importo oggetto di ribasso, coerentemente con la lettera e la ratio dell'art. 41, comma 14.
La giurisprudenza a confronto: TAR Sicilia vs TAR Pescara (e Consiglio di Stato)
Il TAR Sicilia (sent. n. 3787 del 19 dicembre 2023) si era espresso in senso contrario: pur riconoscendo la non ribassabilità dei costi della manodopera, aveva escluso che da ciò derivasse automaticamente l'obbligo di scorporarli dalla base d'asta.
L'importante, secondo il TAR, sarebbe una chiara distinzione tra le voci economiche nella lex specialis.
Il Consiglio di Stato, con le sentenze gemelle nn. 9254 e 9255 del 19 novembre 2024, ha sposato una posizione ambivalente: da un lato richiama la posizione ANAC, secondo cui è ammissibile il ribasso sull'intero importo se adeguatamente giustificato; dall'altro, sembra preferire in concreto il modello del ribasso indiretto, nel quale il ribasso sulla manodopera è possibile solo se separatamente espresso e giustificato.
Il nodo semantico: scorporo ≠ ribassabilità?
Il cuore della questione è racchiuso in un equivoco logico-linguistico: lo scorporo dei costi della manodopera non è necessariamente sinonimo di non ribassabilità, ma nemmeno ne consente il ribasso automatico.
Il Codice prevede lo scorporo, ma non lo esplicita come obbligo per la stazione appaltante. Tuttavia, una volta scorporati i costi protetti, non ha più senso consentire il ribasso su di essi, pena la vanificazione della tutela voluta dal legislatore.
Profili costituzionali e sistematici
Il dibattito travalica il piano meramente tecnico per toccare principi costituzionali: da un lato la tutela del lavoro (art. 36 Cost.), dall'altro la libertà d'impresa (art. 41 Cost.).
L’adozione del ribasso indiretto consente un bilanciamento coerente tra questi principi, evitando che il costo del lavoro diventi una variabile competitiva.
Conclusioni e prospettive
Il sistema attuale, per come è formulato, si regge su un equilibrio precario tra formalismo testuale e realismo applicativo.
L’art. 41, co. 14, presenta una formulazione infelice, un’applicazione disomogenea e un’ interpretazione giurisprudenziale eccessivamente elastica.
L’ANAC e parte della giurisprudenza promuovono letture flessibili che rischiano di disinnescare la norma.
Il Consiglio di Stato, pur proponendo una "ribassabilità temperata", non scioglie il nodo interpretativo.
Servirebbe un intervento chiarificatore del legislatore o, in alternativa, un’assunzione di responsabilità da parte della giurisprudenza superiore per indicare con chiarezza la via da seguire.
Fino ad allora, continueremo a muoverci in un contesto in cui la distinzione tra "base d'asta" e "importo assoggettato a ribasso" resterà terreno fertile per il contenzioso.
Ma nel frattempo, giuristi e stazioni appaltanti dovranno fare i conti con un sistema che mostra tutte le sue fragilità.
A cura della Redazione di Tuttogare PA del 16/05/2025

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