Verbalizzazione postuma delle operazioni della commissione di gara: inammissibilità

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Interessante la pronuncia del Consiglio di Stato (III, 30 settembre 2020, n. 5746) che, oltre ad esprimersi in relazione all’oggetto, ricostruisce i principi generali sull’attività di verbalizzazione. Ma veniamo al caso scrutinato.

Un bando di gara per la fornitura di dispositivi sanitari, correlava a prove “sul campo” dei campioni 59 dei 70 punti previsti per la valutazione dell’offerta tecnica.

Di dette attività valutative sul campo, peraltro gestite in guisa difforme rispetto a quelle foggiate nel disciplinare di gara, non vi era traccia nei verbali di garam e solo ex post, a seguito del contenzioso nel frattempo incardinato dinanzi al giudice di prime cure, l’organo di valutazione ha chiarito che con riferimento alla prova su campo non vi sarebbe alcun verbale in quanto le prove sarebbero state svolte in autonomia in sala operatoria dalla commissione di gara riunita.

Orbene, sul punto il Collegio ha ritenuto che detto verbale “predisposto in chiave di replica alle contestazioni mosse, non appartiene alla sequenza degli atti di gara in quanto posto in essere da un organo, la Commissione giudicatrice, pacificamente ‘venuto meno’ con l’approvazione dell’aggiudicazione definitiva“.

Il suddetto atto pur costituendo una traccia ricostruttiva dei fatti, “non ha, dunque, alcuna valenza integrativa, modificativa e correttiva dei verbali confezionati nel corso della procedura di gara (cfr. Cons. St., sez. III, 24 settembre 2018, n.5495)“.

Le divisate irregolarità nell’incedere dell’organo di valutazione afferiscono, inoltre, ad una fase che, nonostante la sua rilevanza e centralità, è rimasta inspiegabilmente del tutto priva di una compiuta verbalizzazione anche in relazione agli aspetti essenziali delle operazioni svolte.

Com’è noto, la verbalizzazione delle attività espletate da un organo amministrativo costituisce un atto necessario, in quanto reca la descrizione degli accadimenti constatati e consente la verifica della regolarità delle operazioni svolte. Ovviamente, non tutte le operazioni compiute ed i fatti accertati devono essere necessariamente documentati nel verbale, ma solo quelli che, secondo un criterio di ragionevolezza, assumono rilevanza proprio in relazione alle finalità cui l’attività di verbalizzazione è preposta.

L’importanza di tale attività certificativa è rimarcata dal regime di fidefacienza che presidia la valenza dimostrativa dell’atto in questione (Cons. St., sez. V, 24 ottobre 2019, n.7270).

La puntuale cura di tali adempimenti deve ritenersi vieppiù esigibile nella materia qui in rilievo essendo la disciplina di settore incentrata sugli indeclinabili principi di trasparenza e par condicio che, tra gli altri, si affiancano al canone generale di buon andamento che regge ogni azione amministrativa.

E’ pur vero che secondo la giurisprudenza di settore il verbale di una procedura amministrativa – a differenza di quanto avviene, ad esempio, per l’atto pubblico notarile- non richiede in linea di principio di essere redatto a pena di invalidità con forme e menzioni particolari; di conseguenza chi contesta la legittimità degli atti della procedura stessa non può limitarsi a dedurre in proposito solo la mancata menzione a verbale della regolarità delle operazioni in ogni loro singolo passaggio, ma ha l’onere di provare in positivo le circostanze e gli elementi idonei a far presumere che una qualche irregolarità abbia avuto luogo con pregiudizio nei suoi confronti . In assenza di tale prova, si può desumere che le operazioni non descritte nel verbale si siano svolte secondo quanto le norme prevedono (cfr. Cons. St., sez. III, 17 agosto 2020, n. 5055; sez. VI, 7 maggio 2018, n. 2704; Cons. St., sez. VI, 2 febbraio 2018 n.677, Cons. St., sez. V, 19 agosto 2015, n. 3948; sez. III, 3 agosto 2015, n. 3803; sez. V, 22 febbraio 2011, n. 1099).

Pur tuttavia, e giusta quanto già sopra anticipato, risultano qui conclamati i denunciati profili di distonia quanto ad organizzazione e modalità di svolgimento delle prove già in relazione a due profili significativi: presenza dello specialist e materiale da scrutinare.

Inoltre, l’assenza di qualsivoglia traccia nella verbalizzazione circa tempi, modalità, luoghi e presenze in ordine alle prove sul campo, per la sua ampiezza e rilevanza nell’economia dello specifico procedimento qui in rilievo, mina, in radice, l’attendibilità dei giudizi espressi dalla commissione di cui vengono riportate solo le risultanze, compromettendo irreversibilmente la trasparenza dell’azione valutativa svolta dal seggio di gara“.

A cura di giurisprudenzappalti.it del 30/09/2020 di Elvis Cavalleri

 

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