Un concorrente (o il suo subappaltatore) che partecipa ad una gara deve possedere in proprio e “per intero” la qualificazione richiesta dalla lex specialis oppure è possibile ricorrere alla frazionabilità del requisito qualificante?
A rispondere a questa domanda ci ha provato il Consiglio di Stato con la sentenza n. 3702 del 10 giugno 2020 che dopo un'articolata analisi della normativa comunitaria e di quella italiana, e dopo aver accostato l'istituto del subappalto a quello dell'avvalimento, ha rimesso la questione alla Corte di Giustizia UE che proprio sul subappalto si è già espressa nei confronti dell'Italia con una lettera di costituzione in mora e una sentenza che evidenzia i limiti del Codice dei contratti nella parte in cui limita al 30% la parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi.
Il caso riguarda una sentenza di primo grado che accogliendo un ricorso incidentale aveva ritenuto fondata la censura con la quale era stato eccepito il mancato possesso da parte dei componenti di un raggruppamento temporaneo di imprese (RTI) e dei tre relativi subappaltatori del requisito della SOA per una categoria che il RTI aveva ritenuto di soddisfare in parte con il possesso della propria classifica, in parte con il subappalto frazionato. Secondo il TAR, il RTI, o un suo subappaltatore, avrebbe dovuto possedere in proprio e “per intero” la qualificazione richiesta dalla lex specialis e quindi essere titolare di attestazione SOA per categoria e classifica idonea a “coprire” per intero l’importo dei lavori, con esclusione di qualsiasi facoltà di frazionamento del requisito tra più imprese.
Ricorrendo al Consiglio di Stato, l'appellante ha dedotto non solo che la clausola del disciplinare non introduce un divieto di frazionamento del subappalto, ma neppure nella normativa nazionale è rinvenibile alcuna limitazione al subappalto qualificante frazionato, non potendosi in tal senso intendere né l’art. 105 comma 5 del D.Lgs. n. 50/2016 (Codice dei contratti), né l’art. 61 del d.P.R. n. 207/2010 (Regolamento di attuazione in parte ancora in vigore).
La sentenza del Consiglio di Stato, prima di rimettere la questione alla Corte UE, opera un'attenta analisi della normativa partendo dai requisiti di partecipazione alle gare di lavori, dalla categorie prevalenti e da quelle scorporabili.
Per quanto concerne i requisiti di partecipazione, nel comparto dei lavori è possibile far riferimento ad un doppio e connesso binario:
È quella che caratterizza l’intervento da realizzare e che presenta un importo più elevato fra le varie categorie che ad esso concorrono (art. 3, comma 1, lett. oo-bis), del Codice dei contratti).
Si dicono “scorporabili”, invece, quelle categorie di lavori non appartenenti alla prevalente e, comunque, di importo superiore al 10 per cento dell’importo complessivo dell’opera o lavoro, ovvero di importo superiore ad € 150.000,00 (art. 3, comma 1, lett. oo-ter), del Codice dei contratti).
La concreta definizione delle modalità di accesso alle gare varia in relazione alla tipologia e all'importo delle singole lavorazioni, incentrandosi:
Il caso oggetto della sentenza rientra nella tipologia di subappalto necessario o qualificante, in quanto riguarda un concorrente privo dei requisiti di esecuzione relativi ad una categoria c.d. scorporabile a qualificazione obbligatoria. Subappalto necessario che, però, era previsto nel Codice del 2006 (il D.Lgs. n. 163/2006) ma non in quello del 2016 (il D.Lgs. n. 50/2016).
Non sussistono spunti normativi e interpretativi in tema di subappalto necessario frazionato, ipotizzabile nel caso in cui il requisito di qualificazione obbligatorio venga ad essere "coperto" dall’operatore economico attraverso una sommatoria degli importi per i quali risultano qualificati i diversi operatori indicati nella terna dei subappaltatori.
La giurisprudenza nazionale ha chiarito che, al di fuori delle ipotesi di cui all'art. 105, comma 6, del D.Lgs. n. 50/2016, in sede di presentazione dell'offerta non è necessaria l'indicazione nominativa dell'impresa subappaltatrice, neppure in caso di subappalto necessario - ovvero allorché il concorrente non possieda la qualificazione nelle categorie scorporabili. Lo stesso DPR n. 207/2010 non contiene alcuna implicita limitazione all’appalto “qualificante” e “frazionato”.
Sull'argomento era già intervenuta la Corte Ue con diverse sentenze in cui si accostano l’istituto dell’avvalimento che quello del subappalto:
Istituti che hanno in comune la connotazione quali moduli organizzativi alternativamente idonei a garantire l'ampliamento della possibilità di partecipazione alle gare anche a soggetti sforniti dei requisiti di partecipazione.
Secondo il Consiglio di Stato, sulla base di alcune sentenze della Corte UE, il subappalto, confinato alla fase esecutiva dell’appalto e sottratto ai controlli amministrativi aventi sede nella procedura di gara:
Secondo i giudici di Palazzo Spada, il rischio al quale il subappalto sembra esporre l’integrità dei contratti pubblici e la loro immunità da infiltrazioni della criminalità è peraltro accresciuto da una reiterata impostazione normativa che, pur onerando il concorrente in gara della indicazione generalizzata, sin nell'atto dell'offerta, dei lavori o delle parti di opere che egli intende subappaltare, per il resto circoscrive a più limitate ipotesi l’obbligo di indicazione, già in sede di formulazione dell’offerta, del nominativo delle imprese subappaltatrici (art. 105 comma 6 del Codice dei contratti).
Divergenze significative tra i due istituti (avvalimento e subappalto) si riscontrano in ordine al regime di responsabilità dell’impresa ausiliaria ed al suo ruolo nella esecuzione dell’appalto. Le stesse si attenuano nel caso del subappalto “necessario” soggetto all’obbligo della contestuale indicazione in sede di gara sia delle attività per le quali si intende ricorrere al subappalto, sia del nominativo dei subappaltatori e dei relativi requisiti (ai sensi art. 105 comma 6 del d.lgs. n. 50 del 2016), tanto da giustificarne la denominazione di "avvalimento sostanziale". Negli appalti sopra-soglia l’indicazione della terna dei subappaltatori è obbligatoria sin dalla formulazione dell’offerta, sicché la stazione appaltante ha modo di poter esperire in fase di gara i necessari controlli circa il possesso delle capacità tecnico - professionali e l’insussistenza delle cause di esclusione.
È lecito chiedersi, a questo punto, se le residuali differenze che pure in questa specifica ipotesi permangono tra i due istituti giustifichino un’impostazione divergente anche con riguardo alla possibilità di frazionamento dei requisiti tra più imprese ausiliarie.
La normativa comunitaria ammette la tendenziale completa e incondizionata subappaltabilità delle prestazioni dedotte nel contratto di appalto ed al contempo riconosce il pieno diritto del prestatore privo di determinati requisiti di poter fare ricorso alle capacità di terzi soggetti, ferma restando la speculare esigenza da parte della stazione appaltante di poter valutare la competenza, l’efficienza e l’affidabilità dei subappaltatori.
In generale, il Consiglio di Stato rinviene negli orientamenti del giudice comunitario l’indicazione sintetica secondo la quale istituti espansivi della concorrenza (avvalimento e subappalto) possono tollerare limitazioni proporzionate e occasionali, non quindi generali e astratte, ma di volta in volta calibrate dall’amministrazione aggiudicatrice sulle peculiarità della singola gara ed in ragione degli eventuali fattori (il settore economico interessato dall’appalto di cui trattasi, la natura dei lavori, la tipologie di qualifiche richieste) che in essa concorrono a suggerire l’introduzione di specifiche condizioni restrittive.
In tal senso dovrebbe valere un principio generale di frazionabilità del requisito qualificante, suscettibile di motivata deroga nei casi in cui la stazione appaltante ritenga di individuare casi e limiti ostativi oltre i quali la sicurezza e la qualità dell’opera potrebbero essere messe a rischio dal meccanismo del frazionamento del requisito. In ipotesi siffatte la stessa stazione appaltante potrebbe dunque imporre, nella legge di gara, che il livello minimo della capacità in questione venga raggiunto da un unico operatore economico o, eventualmente, facendo riferimento ad un numero limitato di operatori economici.
È quanto avviene nella parallela materia dell’avvalimento, in presenza di determinati requisiti (cd. “di punta”) che si ritiene debbano essere soddisfatti da una singola impresa ausiliaria, in quanto espressione di qualifiche funzionali non frazionabili (v. Cons. Stato, sez. V, n. 678/2018).
Per dirimere ogni dubbio ai fini della decisione del ricorso, qualora dovesse ritenersi che il diritto eurounitario non ammette preclusioni al frazionamento del requisito tra più subappaltatori ovvero tra questi e l’impresa concorrente, il giudizio dovrebbe concludersi con una sentenza favorevole alla RTI e con la conseguente conferma della sua ammissione in gara.
Per contro, nel caso in cui si dovesse accogliere l’opzione contraria, il giudizio dovrebbe concludersi con una sentenza di conferma dell’annullamento dell’atto di ammissione.
Sulla base di quanto sino ad ora osservato, ecco il quesito interpretativo posto alla Corte UE:
“Se gli articoli 63 e 71 della direttiva 2014/24 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, unitamente ai principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui agli articoli 49 e 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), ostino ad una interpretazione della normativa nazionale italiana in materia di subappalto necessario secondo la quale il concorrente sprovvisto della qualificazione obbligatoria in una o più categorie scorporabili non può integrare il requisito mancante facendo ricorso a più imprese subappaltatrici, ovvero cumulando gli importi per i quali queste ultime risultano qualificate”.
A cura di Redazione LavoriPubblici.it del 19/06/2020
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