Servizi sociali tra codice appalti e codice del terzo settore: un illegittimo impiego della co-progettazione

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La procedura oggetto della vicenda contenziosa si riferisce al servizio di gestione di una spiaggia attrezzata comunale destinata a persone con disabilità, ove l’aggiudicatario avrebbe dovuto garantire l’accesso gratuito alla struttura balneare e ai servizi della persona con disabilità e del suo accompagnatore e la gratuità dell’assistenza socio sanitaria del disabile.

Alla luce della (ritenuta) finalità non lucrativa del servizio – la selezione è stata circoscritta ai soggetti del terzo settore, ed esperita mediante l’istituto della co-progettazione ai sensi dell’art. 55, comma 3, del d.lgs. n. 117 del 2017 (Codice del terzo settore).

Il gestore uscente, soggetto commerciale cui è pretermessa la partecipazione, impugna l’avviso pubblico lamentando:

a) la carenza o comunque l’insufficienza della motivazione della determina di indizione della procedura nel punto in cui è stato deciso di ricorrere al Terzo Settore e non ad una gara aperta agli operatori economici con fine di lucro, e comunque il difetto del requisito di gratuità del servizio; secondo parte ricorrente l’amministrazione resistente non avrebbe motivato in ordine ai presupposti per l’indizione di una gara limitata al terzo settore, non illustrando i presupposti e le ragioni della preferenza di tale scelta rispetto all’apertura della gara a operatori con fine di profitto, anche considerando che in realtà il servizio non sarebbe a titolo gratuito.

b) mancanza dei presupposti per l’utilizzo dello strumento della co-progettazione, scelto nell’avviso di gara, affermando che non potrebbe operare nella fattispecie in esame, difettando tra l’altro un’idonea co-programmazione a valle.

Tar Campania, Salerno, I, 19 gennaio 2021, n. 158 respingeva il ricorso (per le motivazioni si rimanda alla sentenza).

Consiglio di Stato, V, 07 settembre 2021, n. 6232 riforma detta sentenza accogliendo il ricorso di primo grado, annullando gli atti impugnati in primo grado e caducando quindi l’intera procedura.

Nonostante le recenti aperture del legislatore (vedasi le timide novelle del decreto semplificazioni) e della Corte Costituzionale (vedasi la celeberrima sentenza 131/2020), il Consiglio di Stato prosegue con la linea dura contro gli strumenti alternativi di affidamento dei servizi sociali rispetto a quelli previsti dal Codice appalti – esperibili solo ed esclusivamente nei casi in cui rilevi un puro e mero rimborso spese – e ribadisce con forza la propria posizione già assunta con il famoso parere 2052/2018 concernente la “normativa applicabile agli affidamenti di servizi sociali alla luce del d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50 e del d.lgs. 3 luglio 2017, n. 117”.

Ecco le motivazioni del Giudice d’appello:

“Per quanto concerne il profilo relativo al difetto di gratuità del servizio oggetto dell’affidamento, occorre muovere dalle puntuali considerazioni svolte nel parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato, 26 luglio 2018, sui rapporti tra le direttive U.E. del 2014 in materia di appalti pubblici, il Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 50 del 2016 e il d.lgs. n. 117 del 2017 nella parte in cui disciplina l’affidamento di servizi sociali a soggetti o enti del c.d. terzo settore. Premesso che, di regola, «l’affidamento dei servizi sociali, comunque sia disciplinato dal legislatore nazionale, deve rispettare la normativa pro-concorrenziale di origine europea, in quanto rappresenta una modalità di affidamento di un servizio (in termini euro-unitari, un “appalto”) che rientra nel perimetro applicativo dell’attuale diritto euro-unitario» (pag. 13 del parere), si è sottolineato come in determinate ipotesi «la procedura di affidamento di servizi sociali disciplinata dal diritto interno non è soggetta alla regolazione di origine euro-unitaria. Ciò accade allorché […] la procedura disciplinata dal diritto interno […] ]miri sì all’affidamento ad un ente di diritto privato di un servizio sociale che, tuttavia, l’ente affidatario svolgerà a titolo integralmente gratuito», il che si giustifica essenzialmente per il fatto che il diritto europeo degli appalti si interessa dei soli affidamenti onerosi.

La questione si trasferisce sul piano della definizione giuridica del concetto di gratuità, ossia di uno degli elementi costitutivi della possibilità di utilizzare le procedure di affidamento disciplinate dal codice de terzo settore e di sottrarsi, quindi, all’applicazione delle norme unionali in materia di appalti pubblici e al codice dei contratti che di quelle costituiscono recepimento.

In tale prospettiva, il concetto di gratuità si identifica nel conseguimento di un aumento patrimoniale da parte della collettività, cui corrisponde una sola la mera diminuzione patrimoniale di altro soggetto, ossia il prestatore del servizio. Sotto questo profilo, si precisa, «la effettiva gratuità si risolve contenutisticamente in non economicità del servizio poiché gestito, sotto un profilo di comparazione di costi e benefici, necessariamente in perdita per il prestatore» (pag. 14 del parere cit.). Il che significa che deve escludersi qualsiasi forma di remunerazione, anche indiretta, dei fattori produttivi (lavoro, capitale), potendo ammettersi unicamente il rimborso delle spese («le documentate spese vive, correnti e non di investimento, incontrate dall’ente»: pag. 21 del parere).

Applicando gli enunciati principi al caso di specie, occorre rilevare come le previsioni contenute nell’avviso pubblico di indizione della procedura si discostano dal concetto di gratuità sopra delineato. In particolare, l’art. 5 dell’avviso, dopo aver precisato l’accesso gratuito alla struttura «per ciascuna persona con disabilità più un accompagnatore e minori di età inferiore a 6 anni», contempla l’accesso a pagamento «per ciascun accompagnatore ulteriore nella misura di euro cinque per l’intera giornata e con il limite di quattro persone per punto ombra», nonché «la gestione del punto ristoro», per i quali è espressamente stabilito che gli introiti derivanti dalla loro gestione concorrano alla remunerazione anche dei servizi di gestione della spiaggia (servizi, questi ultimi, che «non comporteranno alcun onere per l’ente, compensandosi con gli introiti della gestione del punto ristoro e degli ingressi a pagamento […]»: art. 5, ultimo alinea, dell’avviso pubblicato il 21 giugno 2019).

In tal modo, tuttavia, viene meno l’assunto su cui si fonda il requisito della gratuità del servizio e che giustifica l’impiego delle procedure di affidamento con selezione limitata ai soggetti del terzo settore.

L’accoglimento della doglianza in punto di assenza della gratuità del servizio è, in linea logica, decisiva e assorbente di ogni altra questione.

Tuttavia, per completezza d’analisi, si deve pure osservare che nella fattispecie – come dedotto dall’appellante – è mancato anche l’inserimento del servizio nell’ambito della programmazione dei servizi da affidare ai soggetti del terzo settore, secondo gli schemi dettati dall’art. 55 del d.lgs. n. 117 del 2017 (Codice del terzo settore), attraverso i quali si individuano motivatamente i servizi sociali o di interesse generale ai sensi dell’art. 5 del Codice e si coinvolgono gli enti del terzo settore, anche al fine degli affidamenti.

Nella fattispecie, infatti, né la deliberazione della Giunta Comunale n. 209 del 19 giugno 2019, né le precedenti ivi richiamate (n. 126 del 15 aprile 2019 e n. 138 del 29 aprile 2019), danno atto della co-programmazione (che – secondo l’art, 55, comma 2, cit. – dovrebbe essere «finalizzata all’individuazione, da parte della pubblica amministrazione procedente, dei bisogni da soddisfare, degli interventi a tal fine necessari, delle modalità di realizzazione degli stessi e delle risorse disponibili») e della co-progettazione («finalizzata alla definizione ed eventualmente alla realizzazione di specifici progetti di servizio o di intervento finalizzati a soddisfare bisogni definiti, alla luce degli strumenti di programmazione di cui comma 2»: art. 55, comma 3, cit.), atti presupposti necessari anche al fine di dare conto delle ragioni per le quali il servizio rientri fra le attività di interesse generale definite dall’art. 5 del Codice del terzo settore (anch’esse, nella specie, del tutto assenti)”.

Per il Consiglio di Stato la conflittuale dicotomia fra i valori della concorrenza e quelli della solidarietà va sempre risolta appannaggio della prima…

A cura di giurisprudenzappalti.it del 07/09/2021 di Elvis Cavalleri

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