Associazioni sportive, capitale sociale, e requisiti dei concessionari ex art. 95 del d.p.r. 207/2010 (in relazione ad una finanza di progetto)

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Un associazione sportiva si doleva della illegittimità della lex specialis di una procedura in finanza di progetto relativa a lavori di adeguamento degli impianti sportivi e della successiva gestione degli stessi.

Nel particolare si censurava il requisito economico-finanziario pche prevedeva un capitale minimo di €. 55.000: trattandosi di clausola asseritamente preclusiva della propria partecipazione alla gara, ne prospettava il contrasto con l’art. 90 comma 25, l. n. 289/2002 (che dà normativa preferenza alle associazioni dilettantistiche nella gestione degli impianti).

Il giudice di prime cure accoglieva il ricorso, ritenendo evidente l’attitudine escludente della clausola di bando in contestazione, giacché non proporzionata e non giustificata (in considerazione del generale canone di massima partecipazione e dello specifico favor normativo per le associazioni sportive dilettantistiche in materia di gestione degli impianti sportivi comunali) la fissazione, quale requisito di partecipazione, di un capitale sociale minimo “spiccatamente elevato”, irragionevolmente restrittivo della concorrenza.

Consiglio di Stato, sez. V, 26 agosto 2020, n. 5230 riforma la pronuncia di primo grado.

Secondo il Collegio la sentenza appellata “trascura di considerare che oggetto di gara era, come chiarito, non già il semplice affidamento in gestione degli impianti sportivi esistenti (per i quali non è dubbio l’evidenziato favor per le associazioni sportive dilettantistiche), ma – più comprensivamente – l’affidamento in concessione, mediante project financing, della progettazione (definitiva ed esecutiva), dei lavori di adeguamento degli impianti e della successiva gestione degli stessi.

Orbene, i requisiti soggettivi per essere ammessi alla procedura di finanza di progetto sono indicati all’art. 183, comma 8 del d. lgs. n. 50/2016, che fa espresso richiamo ai requisiti previsti “per i concessionari”.

Più specificamente, i requisiti in questione trovano il loro fondamento, da una parte, nel previgente regolamento e, segnatamente, nell’art. 95 del D.P.R. n. 207/2010 (destinato a restare in vigore, ai sensi dell’art. 217, comma 1 lettera u) n. 1, fino alla approvazione degli “atti attuativi” del nuovo Codice) e, dall’altra – relativamente ai motivi di esclusione – negli artt. 80 e 136.

L’art. 95 cit., che contiene la disciplina relativa ai concessionari, rinvia, a sua volta, a quella contenuta negli attuali artt. 83 e 84 del Codice (che sostituiscono, nel contesto del carattere mobile del rinvio, l’art. 40 del Codice previgente) e all’art. 79, comma 7 dello stesso regolamento, il quale prevede altri quattro “requisiti d’ordine speciale”, attinenti: a) alla adeguata capacità economica e finanziaria; b) alla adeguata idoneità tecnica e organizzativa; c) alla adeguata dotazione di attrezzature tecniche; d) all’adeguato organico medio annuo.

Ulteriori requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi sono, infine, specificamente previsti dallo stesso art. 95, comma 1 del regolamento, segnatamente sotto gli aspetti del valore del fatturato medio, del capitale sociale e dell’esperienza dell’impresa nello svolgimento di servizi affini a quello per il quale si candida.

In particolare, l’art. 95, comma 1 lettera b) prescrive il possesso di un “capitale sociale non inferiore ad un ventesimo dell’investimento previsto per l’intervento”.

Alla luce di quest’ultimo dato, e considerando che il valore della commessa in contestazione era pari ad € 1.070.000,00, il capitale minimo richiesto ai concorrenti era pari ad € 53.500,00, rispetto al quale appare del tutto ragionevole l’opzione di arrotondamento ad € 55.000,00, operata dal Comune appellante.

Le considerazioni che precedono sono sufficienti ai fini dell’accoglimento dell’appello“.

A cura di giurisprudenzappalti.it del 26.06.2020 - autore Elvis Cavalleri

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