Il rito super accelerato appalti solo per le inammissibilità evidenti

Sono da impugnare entro 30 giorni le ammissioni alle gare di appalto solo in caso di inammissibilità evidenti dall’esame della domanda e delle dichiarazioni

L’onere di immediata impugnazione delle ammissioni alle gare si applica ai soli profili di inammissibilità della partecipazione evidenziabili nella fase iniziale della gara, mentre non è riferibile alle ipotesi di inammissibilità che non emergono dall’esame documentale delle domande di partecipazione e delle dichiarazioni ad esse inerenti, ma che presuppongono un’attività di verifica.
Il Tar Lombardia (Tar Lombardia, Sez. I, 2 luglio 2018, n.1638) chiarisce che l’ambito di applicazione del rito “superaccelerato” appalti è limitato alle ragioni di inammissibilità che non presuppongono apposite attività di verifica.
L’ambito di applicazione dell’onere di immediata impugnazione dell’ammissione alla procedura di gara presuppone che l’inammissibilità sia di immediata percezione
L’art. 120, comma 2 bis, c.p.a. stabilisce che “Il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all’esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali va impugnato nel termine di trenta giorni, decorrente dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante, ai sensi dell’articolo 29, comma 1, del codice dei contratti pubblici adottato in attuazione della legge 28 gennaio 2016, n. 11. L’omessa impugnazione preclude la facoltà di far valere l’illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure di affidamento, anche con ricorso incidentale”.
Il Tar Lombardia, per chiarire l’applicazione della suddetta norma, richiama i suoi precedenti, dove ha già evidenziato che la norma delinea un rito ultraveloce, che impone l’immediata contestazione sui profili di inammissibilità della partecipazione evidenziabili nella fase iniziale della gara, perché direttamente relativi alla produzione in sé di dichiarazioni o al contenuto di esse relative ai requisiti di capacità necessari per essere ammessi alla procedura.
Tuttavia, prosegue la sentenza, ne restano estranei i profili di inammissibilità che emergono in una fase della procedura successiva a quella di apertura delle buste, ossia quelli che attengono al momento in cui l’amministrazione, una volta effettuato, proprio in sede di apertura delle buste, il controllo documentale della presenza delle dichiarazioni relative al possesso dei requisiti, verifica in concreto il possesso dei requisiti stessi.–
In altre parole, la disposizione non è riferibile alle ipotesi di inammissibilità che non emergono dall’esame documentale delle domande di partecipazione e delle dichiarazioni ad esse inerenti, ma che presuppongono un’attività di verifica ed eventualmente un’istruttoria che la stazione appaltante può, nell’esercizio dei poteri di cui dispone, svolgere in una fase successiva della procedura, ossia in sede di verifica dell’effettivo possesso dei requisiti solo dichiarati al momento della presentazione della domanda di partecipazione.
Tali conclusioni, secondo il Tar Lombardia, sono rafforzate dai principi in materia di processo amministrativo, e in particolare dall’art. 34, comma 2, cpa, che prevede che “in nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento apoteri amministrativi non ancora esercitati” .
Ciò conferma, ad opinione dei giudici milanesi, che nei giudizi introdotti ai sensi dell’art. 120, comma 2 bis, sono ammissibili solo le censure che afferiscono ai poteri già esercitati dalla stazione appaltante, tra i quali, come evidenziato, non è possibile comprendere quello diretto alla verifica dell’effettivo possesso dei requisiti soggettivi di capacità dichiarati dal concorrente al momento della presentazione della domanda di partecipazione alla gara.
Il caso dell’ammissione alla gara nonostante una precedente risoluzione contrattuale per inadempimento
Nel caso sottoposto all’attenzione del TAR, la ricorrente contestava la mancata indicazione, da parte dell’aggiudicataria, di un episodio di asserita risoluzione contrattuale per inadempimento, che sarebbe stata disposta a suo carico da una diversa stazione appaltante.
Tuttavia tale ipotizzata lacuna della dichiarazione non emerge dall’esame documentale della domanda di partecipazione e delle dichiarazioni ad essa inerenti e quindi può venire in evidenza solo all’esito della verifica che la stazione appaltante svolge in una fase successiva della procedura, quando accerta l’effettivo possesso dei requisiti solo dichiarati al momento della presentazione della domanda di partecipazione.
Si tratta, alla luce delle considerazioni di cui sopra, di una contestazione non deducibile ai sensi dell’art. 120, comma 2 bis, c.p.a., perché attiene a poteri della stazione appaltante non ancora esercitati nelle fasi inziali della gara.

In allegato Tar Lombardia, Sez. I, 2 luglio 2018, n.1638.

 

A cura di giurdanella.it del 03/08/2018

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